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sabato, 6 Settembre, 2025
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Barche verso Gaza: il coraggio civile contro il silenzio

Di fronte al massacro in corso, non bastano le parole. Occorre riconoscere il diritto alla vita dei palestinesi e lavorare per una pace vera. Global Flotilla scuote la pubblica opinione.

Il conflitto israelo-palestinese è giunto ad un punto di assoluta intollerabilità in termini civili e culturali. A Gaza la disumanità regna sovrana e la morte non risparmia nessuno, per età, professione o funzione svolta. Medici, giornalisti, diplomatici, religiosi, ormai l’esercito israeliano spara su tutto e su tutti. Prima si uccide e poi con un comunicato si “qualifica” l’accaduto come un errore o una necessità dettata dalla presunta presenza o vicinanza di terroristi; ma intanto prima si uccide e poi si tenta di giustificare l’uccisione con una modalità che è diventata ormai sempre più irritante ed offensiva per l’intelligenza di chi ascolta.

Netanyahu e la responsabilità del massacro

Su Netanyahu grava la responsabilità del massacro di un popolo; lo possiamo chiamare genocidio, sterminio o come altro si voglia, ma la sostanza non cambia. Israele sta eliminando non singole persone (ad esempio, i terroristi di Hamas), ma un’intera comunità con una propria storia, religione e cultura. Netanyahu porta su di sé la gravissima colpa per il crescente odio nel mondo nei confronti del popolo israeliano, anche se sono sempre meno gli israeliani che approvano le scellerate politiche governative. Non vanno mai confuse le responsabilità di una classe dirigente con quelle di un intero popolo.

 

LEuropa e il rischio Accademia della Crusca

Di fronte a questa aggressione totale l’Europa non può trasformarsi in una succursale dell’Accademia della Crusca, intenta a disquisire sulle parole più appropriate da utilizzare per definire il massacro di Gaza e dei suoi abitanti. Come se oggi il problema fosse quello di non urtare la suscettibilità degli aggressori, anziché fermare l’aggressione. Oggi è necessario riconoscere il diritto alla vita ed alla dignità personale di chi vive nei territori occupati e bombardati quotidianamente. È necessario per la pace in tutta l’area medio-orientale – in Palestina come in Israele – e per le tensioni che questo conflitto sta creando nel resto del mondo. La pace è soprattutto la grande occasione che deve essere restituita alle giovani generazioni che dal loro primo vagito hanno visto e conosciuto soltanto la guerra per la sola “colpa” di essere nati nel posto sbagliato.

La società civile si mette in gioco

La “Global Flotilla” che si sta dirigendo verso le coste palestinesi avrà pure un significato simbolico e non risolutivo del problema umanitario, ma è comunque il segnale di una società civile (civile non solo a parole) che si mette in gioco anche a rischio della propria incolumità personale. Per questi motivi meritano grande rispetto ed apprezzamento, mentre risultano stucchevoli ed irricevibili i commenti di rappresentanti delle istituzioni ispirati da un becero ed inutile benaltrismo.