Il 19 settembre, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, Papa Leone XIV ha aperto l’anno pastorale della diocesi di Roma. Lo ha fatto con uno stile sobrio e familiare, accolto dall’abbraccio di sacerdoti, religiosi, catechisti e laici impegnati nella cura delle comunità. L’atmosfera era semplice e calorosa, segnata dal desiderio diffuso di una Chiesa “con meno teoria e più concretezza”.
L’incontro è stato introdotto dal cardinale Baldo Reina, vicario generale della diocesi, che ha ricordato quanto la comunità romana senta forte la responsabilità di essere segno di speranza in una città segnata da povertà, periferie difficili e solitudini crescenti. Le sue parole hanno preparato i fedeli ad accogliere la meditazione del Papa, ponendo l’accento sul bisogno di vicinanza e presenza concreta della Chiesa.
Roma come laboratorio di sinodalità
Papa Leone XIV si è rivolto alla comunità come vescovo di Roma, ringraziando chi porta avanti il discepolato tra fatiche e responsabilità, sostenendo al contempo le fragilità di chi si rivolge alle parrocchie. Prendendo spunto dal Vangelo sulla Samaritana (Gv, 4), ha descritto lo Spirito Santo come acqua viva, capace di spegnere le arsure del cuore e illuminare il cammino di tutti.
Roma, ha sottolineato, deve diventare laboratorio di sinodalità. Non un concetto astratto, ma uno stile che valorizza i doni di ciascuno, promuove armonia e vince le spinte alla contrapposizione. Il Papa ha ricordato la realtà complessa della città: povertà, giovani disorientati, famiglie appesantite. In questo contesto, la Chiesa non può limitarsi a custodire se stessa: deve produrre fatti di Vangelo, segni concreti di speranza.
Partecipazione e corresponsabilità
Uno dei passaggi più incisivi del discorso ha riguardato la partecipazione di tutti. Gli organismi di partecipazione non devono ridursi a semplici riunioni, ma diventare spazi di comunione e corresponsabilità, un principio già evidenziato dal Concilio Vaticano II, che invita tutti i membri della Chiesa a essere attivamente coinvolti nel cammino comunitario e nella missione evangelica.
Prefetture e collegamenti tra parrocchie e diocesi devono aiutare a uscire dall’isolamento dei “recinti pastorali” e a progettare iniziative condivise capaci di parlare alla città.
Tre priorità pastorali
Leone XIV ha poi indicato tre priorità concrete. La prima riguarda l’iniziazione cristiana, da ripensare con linguaggi nuovi e meno scolastici, coinvolgendo le famiglie e accompagnando con delicatezza chi chiede i Sacramenti anche da adulto. La seconda priorità riguarda giovani e famiglie: occorre una pastorale solidale ed empatica, capace di farsi compagna di viaggio e di incidere nel tessuto sociale. La terza priorità è la formazione, perché le attività tradizionali non bastano più: servono percorsi generativi, in grado di affrontare i grandi temi contemporanei, dalla giustizia sociale all’ecologia, fino alle fragilità psicologiche e alle nuove povertà.
Il discorso si è chiuso tornando alla Samaritana, che dopo l’incontro con Gesù corre dagli abitanti del villaggio a raccontare ciò che le è accaduto. Così, anche la Chiesa di Roma è chiamata a testimoniare il Vangelo, non per imposizione, ma con gioia, lasciando che l’incontro con Cristo diventi contagioso.
Affidando il cammino a Maria, Salus Populi Romani, Leone XIV ha consegnato un progetto che non è solo pastorale, ma anche culturale e sociale: una Chiesa che si fa grembo di vita nuova e sorgente di speranza, capace di dissetare la sete profonda che abita Roma