La partecipazione cala ancora. Era previsto, tant’è che nelle Marche il Pd sperava di poterne trarre vantaggio. Ha vinto invece Acquaroli. Questo dimostra che una falsa percezione della realtà non fa i conti con l’evidenza dei fatti. Lo stato maggiore del Pd continua a scommettere sull’implosione del blocco elettorale della destra. Dunque, la tattica è scontata: mobilitare al massimo il proprio mondo, anche radicalizzando il messaggio politico, a fronte del non voto degli elettori dell’altro campo. Conseguenza? In pubblico si deplora il fenomeno dell’astensionismo, in privato se ne auspica la dilatazione.
Il problema assai vistoso è che la crescente rinuncia all’esercizio di un diritto – quello della croce su una scheda – denuncia un vuoto di rappresentanza. Non è fisiologico che per un presidente di regione si rechi alle urne un avente diritto su due, ben al di sotto della linea rossa che divide la legittimità formale dalla legittimità sostanziale, quale che sia l’esito della competizione elettorale. Di questo passo ad implodere non è uno schieramento politico, ma la democrazia come luogo e momento di partecipazione. In definitiva, sta cedendo l’impalcatura del bipolarismo nato nel biennio ‘92-‘94.
Da questa analisi succinta non deriva l’automatismo per il quale tra destra e sinistra si riaffaccia il centro, genericamente, anche a prescindere dalla sua connotazione politica e programmatica. Nemmeno significa però che valga un dispositivo di sicurezza facente leva sulla presunta inammissibilità del centro, a forza identificato come punto di raccolta di incertezze, ambiguità e opportunismi. Anche questo è un automatismo che risente, nello specifico, della propaganda e del pregiudizio. A beneficio dell’immobilismo.
Ci vuole uno sforzo di fantasia perché il Paese avverte il fastidio di una morsa che impedisce l’apertura a un nuovo cielo della politica. Alla lunga, come si è visto, l’artificiosa contrazione dello spazio di centro comporta la lenta ma inesorabile demoralizzazione dell’elettorato che non si riconosce nella dialettica tra la destra e la sinistra, magari radicalizzate. Qui sta il nodo e qui bisogna intervenire, pena l’insorgere di una democrazia ferita per i colpi inferti dall’astensionismo.