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martedì, 7 Ottobre, 2025
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Banche, Abi-Cerved: salgono crediti deteriorati imprese, 2,9% in 2025

Roma, 7 ott. (askanews) – In Italia la quota di crediti deteriorati erogati alle imprese è attesa aumentare al 2,9% del totale quest’anno, dal 2,6% del 2024, e successivamente al 3% nel 2026, per poi mostrare una limatura/stabilizzazione al 2,9% nel 2027. Sono le previsioni dell’ultimo Outlook di Abi e Cerved, che analizza i flussi di credito alle aziende che nel corso dell’anno vengono classificati come deteriorati (inclusi sofferenze, inadempienze probabili e crediti scaduti), espressi in percentuale dei crediti in bonis all’inizio dell’anno, con dettagli per dimensione aziendale, settore economico e area geografica.

L’instabilità geopolitica e l’incertezza a livello internazionale continuano a influenzare l’aumento dei tassi di default. Tuttavia, spiegano Abi e cerved, questi dovrebbero mantenersi su livelli sensibilmente più contenuti rispetto a quelli registrati durante le precedenti crisi. Il quadro atteso è di un aumento in tutte le aree geografiche e in tutti settori economici sul triennio previsionale, ma più sostenuto nell’industria e nelle costruzioni.

L’associazione bancaria e Cerved, rilevano che i livelli attuali restano ‘di gran lunga inferiori’ al picco del 7,5% toccato da questa voce 2012, in piena crisi dei debiti pubblici nell’area euro. I valori che saranno toccati nel 2026-207 saranno invece in linea con quelli del 2019, prima della crisi legata al Covid e alle varie misure e restrizioni imposte in quella fase.

Nel periodo compreso tra il 2024 e il 2027, si prevedono incrementi più significativi dei tassi di default tra le grandi imprese (dall’1,4% all’1,9%), nelle aree del Nord-Est (dal 1,8% al 2,1%), del Nord-Ovest (dal 2,3% al 2,6%) e nel Sud e Isole (dal 3,5% al 3,8%). A livello settoriale, gli aumenti più marcati si stimano nel comparto delle Costruzioni (dal 2,8% al 3,2%) e in quello industriale (dal 2,3% al 2,7%). A fronte di questa dinamica, a fine 2027 il tasso di deterioramento più elevato si conferma nelle Microaziende (3,1% nel 2027), nel Sud e Isole (3,8%) e nel settore delle Costruzioni (3,2%).

L’elevata incertezza sul piano internazionale è alimentata principalmente dalle recenti misure tariffarie adottate dall’amministrazione statunitense, che prevedono dazi sull’export verso gli Usa pari al 15% per i beni italiani ed europei, con picchi fino al 50% per alcune categorie, sottolinea lo studio, e aliquote comprese tra il 10% e il 30% per le merci provenienti da gran parte del resto del mondo.

Misure che potrebbero generare un significativo rallentamento del commercio globale, con impatti negativi sul fatturato e sulla redditività delle imprese. A questo si aggiunge il perdurare dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, che contribuisce ulteriormente a mantenere elevati i livelli di instabilità.

L’instabilità dello scenario è testimoniato anche dall’aumento del tasso di deterioramento del credito delle società non finanziarie riportato da Banca d’Italia: 2,33% nel 2023 contro il 2,16% del 2022 e in ulteriore incremento a 2,55% nel 2024.

‘Le nostre stime sull’evoluzione dei crediti deteriorati mostrano uno scenario incerto per le imprese italiane, strette fra tensioni geopolitiche e incertezze economiche legate anche all’introduzione dei dazi americani’, commenta Luca Peyrano, amministratore delegato di Cerved. ‘Nel triennio previsionale, comunque, si rimane ben lontani dai livelli raggiunti nei periodi di crisi, a conferma di una migliore redditività e posizione patrimoniale delle nostre aziende”. “Negli ultimi 10 anni il settore bancario italiano ha compiuto enormi progressi nel rafforzamento patrimoniale e nella gestione del rischio di credito, posizionandosi oggi tra i più solidi in Europa”, evidenzia Marco Elio Rottigni, Direttore Generale di Abi, che prosegue sottolineando che “il Rapporto Abi/Cerved presentato oggi mostra, tuttavia, che vanno emergendo nuovi rischi di deterioramento del credito, seppur limitati. Si tratta di segnali da non trascurare che istituzioni, autorità di regolamentazione e attori economici devono affrontare insieme e per tempo”.

Secondo gli ultimi dati di Banca d’Italia, a marzo 2025 l’insieme delle sofferenze lorde e degli altri crediti deteriorati lordi si attestava a 57,8 miliardi di euro (-4,7% rispetto all’anno prima), mentre in termini netti, cioè escludendo le perdite di valore già contabilizzate in bilancio dalle banche, lo stesso insieme è di 30,2 miliardi (-1,4% rispetto a marzo 2024).

Per quanto riguarda il numero delle posizioni deteriorate, emerge un quadro contrastante: nel 2024 si riduce in maniera significativa, da 16.700 unità del 2023 a 12.400, ma è l’importo medio dei default a crescere del 42%, rileva lo studio, da 630.000 a quasi 900.000 euro, tornando a livelli pre-2017.

Le stime di Abi-Cerved mostrano una crescita dei tassi di deterioramento nel 2025 in tutte le classi dimensionali di impresa, con andamenti piuttosto omogenei. Le micro, le piccole e le medie imprese registrano un incremento di 0,3 punti percentuali (dal 2,8% del 2024 al 3,1% le prime; dal 2% al 2,3% le seconde; dall’1,7% al 2% le terze), mentre i tassi delle grandi imprese segnano un rialzo di 0,4 punti (dall’ 1,4% all’ 1,8%). Le dinamiche settoriali indicano come il flusso dei nuovi crediti in default aumenti in tutti i comparti considerati.

Il settore Industriale evidenzia l’incremento più consistente (dal 2,3% del 2024 al 2,7%) seguito da quello delle Costruzioni (dal 2,8% al 3,1%), che mantiene i tassi di deterioramento più alti, affiancato dai Servizi (2,9%, contro il 2,7% del 2024) e dall’Agricoltura (2,9% rispetto al 2,6% del 2024). L’Industria, pur rimanendo al livello più basso (2,7%), è l’unica a superare il livello registrato nel periodo pre-Covid (2,3% nel 2019), mentre le Costruzioni, che hanno beneficiato di numerosi e significativi incentivi fiscali, ne restano ben al di sotto (3,1% contro 4%).

Passando alla analisi su base geografica, le stime 2025 indicano un aumento dei tassi di deterioramento in tutto il Paese, con meno divergenza tra gli estremi. Gli incrementi maggiori, infatti, si registrano al Nord, con Nord-Ovest e Nord-Est che aumentano la rischiosità di 0,3 punti percentuali, mentre nel Centro e nel Mezzogiorno l’aumento osservato è di 0,2 punti. Il Mezzogiorno si conferma l’area più rischiosa, con tassi al 3,7% e con un gap di 1,6 punti percentuali rispetto all’area meno rischiosa, quella del Nord-Est (2,1%). Nord-Ovest e Centro si attestano, rispettivamente, al 2,6% e al 3,3%.

Lo scenario previsto nel 2026-2027 ipotizza una crescita economica moderata e una politica monetaria lievemente espansiva. L’occupazione resta alta e sostiene i consumi delle famiglie, anche se l’inflazione del biennio 2022-2023 ha ridotto la capacità di spesa. Il quadro macroeconomico è comunque da interpretarsi con estrema cautela, data l’elevata incertezza di tutti gli scenari.

Si stima dunque che i nuovi crediti in default saranno in lieve rialzo nel 2025 ma in graduale discesa nel 2026-2027: dal 2,9% dell’anno in corso si passerà dunque al 3% nel 2026 per poi tornare al 2,9% nel 2027, valori in linea con il periodo pre-Covid e decisamente inferiori rispetto ai picchi toccati durante la crisi dei debiti sovrani.

Nel 2026 l’aumento del rischio è diffuso su tutte le classi dimensionali d’impresa e senza differenze significative nelle dinamiche, così come nel 2027 il calo marginale è distribuito in maniera omogenea. Ne risulta una percentuale dei tassi di deterioramento a fine periodo superiore a quella del 2019, soprattutto per le grandi aziende (1,9% nel 2027 rispetto all’1,3% del 2019), mentre l’unica classe che si mantiene in linea con il livello ante-pandemia è quella delle micro imprese (3,1%).

Quanto ai settori, secondo il rapporto Abi-Cerved nel 2026 i nuovi crediti deteriorati cresceranno ovunque ad eccezione dell’agricoltura, che si manterrà stabile. Il peggioramento più accentuato è previsto per le costruzioni (dal 3,1% del 2025 al 3,4%), seguite da industria (dal 2,7% al 2,9%) e Servizi (dal 2,9% al 3,0%). Il 2027 vedrà un miglioramento lievemente più accentuato per l’Industria e le Costruzioni (-0,2 punti percentuali) mentre Servizi e Agricoltura scenderanno solamente di un decimo di punto. Tutti i settori restano al di sotto del livello pre-pandemico tranne l’Industria (2,7% nel 2027 contro il 2,3% del 2019).

Un lieve incremento della percentuale di crediti in default si registrerà nel 2026 in tutte le aree geografiche: nel Nord-Ovest (dal 2,6% del 2025 al 2,7%), nel Nord-Est (dal 2,1% al 2,3%), mentre Sud e Isole (dal 3,7% al 3,9%) continueranno ad essere la zona più rischiosa, seguita dal Centro (dal 3,3% al 3,4%). Al termine del periodo di previsione, il Mezzogiorno presenterà valori inferiori rispetto al 2019 (3,8% contro 4,2%), mentre il Nord-Ovest avrà valori leggermente superiori (2,6% contro 2,4%).