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venerdì, 10 Ottobre, 2025
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Se la Francia fa crollare l’Europa

Macron resiste, vedremo oggi con quale proposta.  Certamente un successo delle ali estreme a Parigi farebbe crollare l’asse franco-tedesco e travolgerebbe il progetto d’integrazione dell’Unione europea.

Quando, alla fine del 2016 e agli inizi del 2017, si stava andando verso le elezioni presidenziali francesi e le possibilità di vittoria di Marine Le Pen erano concrete, nel corso delle presentazioni del mio libro Europa al bivio non mi stancavo di enfatizzare i pericoli, assai elevati, che sarebbero derivati per l’Unione Europea da quell’eventuale successo della Destra d’Oltralpe. E naturalmente, dopo la vittoria di Emmanuel Macron, i miei interventi successivi esaltarono, al contrario, il rinnovato possibile slancio per le istituzioni comunitarie che ad esse avrebbe potuto fornire un Presidente francese dall’imprinting così europeista, che venne rimarcato dal suo mirabile discorso alla Sorbona nel novembre di quello stesso anno.

Macron e l’incubo del ritorno alle urne

Non immaginavo certo che nemmeno dieci anni dopo ci saremmo trovati di nuovo innanzi alla possibile, anzi più che probabile vittoria elettorale della Destra transalpina in elezioni legislative nuovamente anticipate, qualora fossero indette. Ed è questo il motivo principale per il quale Macron sta ancora in queste ore provando a individuare il nome di un primo ministro in grado di costruire una maggioranza parlamentare sufficiente per guadagnare un po’ di tempo e magari per immaginare una coalizione in grado di sconfiggere le ali estreme dello schieramento politico.

Le condizioni nelle quali si svolgerebbe la campagna elettorale sarebbero molto peggiori di quelle del 2017: non tanto sul piano economico-sociale (anche se il tradizionale conflittismo sindacale transalpino ha azzerato o quasi ogni velleità riformatrice macroniana) quanto in quello della politica internazionale, che pure è l’ambito nel quale il giovane e obiettivamente poco empatico Presidente ha conseguito i suoi migliori risultati (da ultimo, l’iniziativa trainante per il riconoscimento dello Stato di Palestina).

Il pericolo delle ali estreme

I due partiti estremisti in crescita, a destra il Rassemblement National e a sinistra La France insoumise, sono sostanzialmente uniti da un sentimento violentemente antieuropeo e da un convinto sostegno alle ragioni di Putin, a cominciare dalle motivazioni espresse per giustificare il suo attacco all’Ucraina.

A questo punto è bene sottolineare, con nettezza, una verità: la Francia è, con la Germania, l’asse portante dell’Unione Europea. Inutile ricordarne i perché, talmente evidenti e noti essi sono. Ora, un conto è Parigi in parziale dissenso con Bruxelles: è già capitato (resta celebre la crisi della “sedia vuota” voluta da De Gaulle, che paralizzò la CEE per sette mesi nel 1965) e fa parte del gioco. Ma affatto diverso sarebbe avere Parigi contro Bruxelles: significherebbe la fine dell’Unione, con grande soddisfazione di tutti quelli che vogliono un’Europa divisa e debole.

Le conseguenze per l’Europa e per l’Italia

Da Trump a Putin, forse pure da Xi a Modi, a Orban e ai tanti sovranisti continentali e nostrani, tutti trarrebbero vantaggio da una Francia antieuropea. La Francia è l’unica potenza nucleare della UE. È l’unica potenza europea con un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Senza la Francia, obiettivamente, nessuna ipotesi di Difesa Comune Europea sarebbe neppure immaginabile. La Politica Agricola Comune, pur con tutte le sue problematiche, salterebbe completamente avviando un conflitto infra-europeo devastante. E si potrebbe proseguire a lungo su questa china.

È bene che soprattutto noi italiani, per quanto spesso i nostri cugini d’Oltralpe ci appaiano antipatici, vanitosi e arroganti, ce ne si renda conto.

Un futuro da scongiurare

Un trionfo elettorale della Destra estrema e un ottimo risultato della Sinistra estrema rafforzerebbero le speranze di crescita delle forze più marcatamente sovraniste, antieuropeiste e in taluni casi pure populiste in Germania, in Gran Bretagna (che è fuori dall’UE ma sempre in Europa, specie dal punto di vista militare), oltre che in altri Stati più piccoli.

E qui in Italia consoliderebbe il tentativo estremista della coppia Salvini-Vannacci (fintanto rimarrà tale), con la conseguente riemersione iper-nazionalista di Giorgia Meloni, attenuata in questi anni di governo da una postura moderata nel rapporto con i partners continentali — eccezion fatta proprio con Macron, guarda caso. Sarebbero notizie pessime per la povera Ucraina, nell’immediato. Ma terribili pure per gli europei tutti, nel medio periodo.

Siamo dunque nelle mani dei francesi, che non vogliono aumentare nemmeno di un anno l’età pensionabile ma rischiano di consegnare il loro Paese alle mire di chi vuole un’Europa debole, non comprendendo che così condannerebbero anche la Francia ad un destino calante.

C’è ancora un esile margine per trovare un governo e una maggioranza, a Parigi. Dobbiamo sperare che accada.