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lunedì, 13 Ottobre, 2025
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Mara Carfagna inciampa sul sovranismo double face

Interessante l’idea di un “sovranismo europeo” contrapposto alla logica dei sovranismi nazionali. Tuttavia il ragionamento si contraddice se resta confinato dentro uno schema bipolare, con il centro alleato della destra nazional-sovranista.

Apparsa ieri su Repubblica, l’intervista a Mara Carfagna offre uno spunto politico di rilievo: la necessità di rompere l’assedio dell’estremismo e di costruire una cultura di centro fondata non sui sovranismi nazionali, ma sull’idea di un “sovranismo europeo”. È un’intuizione felice, che si colloca nel solco di un pensiero riformatore e realista, capace di immaginare un’Europa non più semplice cornice, ma soggetto politico unitario, capace di difendersi e di reagire con strumenti comuni alle crisi globali.

Nelle parole della segretaria di Noi Moderati risuona una consapevolezza che la politica italiana, spesso prigioniera di risorgenti pregiudizi ideologici, stenta a maturare: l’Europa come “scudo” e come garanzia per la libertà e il benessere dei popoli.

Un sovranismo europeo, non nazionale

L’idea che il centro debba farsi promotore di questo sovranismo europeo, nel quadro dell’alleanza occidentale, va nella direzione giusta. È il segno di un europeismo maturo, emancipato dal lessico tecnocratico e attento alla dimensione politica e di sicurezza del continente. «Le crisi internazionali – dice la Carfagna – ci hanno dimostrato che i sovranismi nazionali non hanno più senso, non difendono i popoli ma anzi li condannano alla sottomissione ai più forti. Il centro dovrebbe farsi alfiere di un nuovo sovranismo europeo nel quadro dell’alleanza occidentale. Un’Europa capace di difendersi, più integrata nei commerci, capace di fare spesa comune per reagire alle emergenze, è il primo scudo per l’Italia e per il benessere degli italiani».

 

Linciampo del bipolare: il nodo dellalleanza a destra

Eppure, proprio qui si apre la contraddizione. Nella stessa intervista, Carfagna esclude la possibilità di costruire un centro autonomo, rifugiandosi nella logica del “non funziona”: gli elettori – dice – vogliono scegliere tra due blocchi e il modello bipolare non lascia spazio a terze vie. Ma se il centro si arrende a questo schema, rinuncia alla propria funzione storica: quella di mediare, ricomporre, innovare. L’argomento del “realismo” diventa così una resa preventiva.

Come si può proporre un “sovranismo europeo” restando alleati di chi non crede nell’Europa – salvo prefigurarne una illegibile sul piano politico concreto – e ne osteggia l’integrazione in chaive sovranazionale?

Tra buone intenzioni e convenienze pratiche

È difficile credere che la cultura liberale e moderata possa fiorire dentro una coalizione dove prevalgono pulsioni nazionaliste e anti-europeiste. Il centro non può stare dentro questo quadro: deve piuttosto ragionare sull’alternativa, anche a costo di pagare temporaneamente il prezzo della marginalità (ammesso che sia tale di fronte alla sfida del nostro tempo).

Mossa da buone intenzioni, Carfagna cede all’escamotage della convenienza. Il suo pensiero si avvita nella contraddizione tra una lucida analisi del presente e l’incapacità di trarne le necessarie conseguenze politiche. Ma la politica di centro, se vuole rinascere, deve avere il coraggio delle proprie idee e delle proprie scelte, anche se talvolta in solitudine: solo così potrà tornare a essere forza di innovazione e di equilibrio, non semplice appendice di un blocco di potere.