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martedì, 14 Ottobre, 2025
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Cesare, Cleopatra e l’autunno romano

Tra ironia e allegoria, un racconto che trasforma l’attualità in parabola antica. Roma osserva la regina Meloni/Cleopatra tornare in Egitto — e Cesare non gradisce affatto.

Lautunno sullAppia

È iniziato l’autunno a Roma: colori caldi, ultime giornate di sole da godere.

Cesare ama trascorrere questo periodo lontano dal chiasso della città e dalle petulanti richieste dei senatori. Si rifugia nella casa natale sull’Appia, appena sotto le pendici dei monti del Tuscolo, da cui si intravede la città lontana. Con lui, pochi senatori e Giulia.

Nel tardo pomeriggio, Cesare, disteso sul triclinio con i suoi ospiti, discute della regina Cleopatra, prossima a ripartire per l’Egitto. In questi due anni e mezzo la regina Meloni/Cleopatra aveva mostrato talvolta nostalgia per le sabbie del suo regno, ma mai il desiderio vero di rientrare in patria.

Cleopatra parte e Cesare sinfiamma

«Divo imperatore» — interviene un ospite — «la regina Cleopatra non va in Egitto per visitare i parenti. Ci va

 perché suo zio ha invitato l’amico che viene da oltre le Colonne d’Ercole».

«Ah! Se lo fa piccolo il viaggio, costui! E perché poi?» chiede Cesare, incuriosito ma attento a non scoprirsi.

«Costui, Cesare, è riuscito a ottenere un patto di pace, una lunga tregua tra i Filistei e i popoli di Mosè, in quella regione che un tempo era nostra».

«E lei che ci fa laggiù? Non bastava suo zio ad accogliere l’ospite?» incalza Cesare.

«E no, Cesare», risponde un altro senatore, «ci va per accogliere anche a nome nostro».

«A nome nostro… che poi sarebbe il mio!» urla Cesare, rovesciando un piatto di frutta a terra.

Giulia e la frecciata velenosa

Giulia, udendo il trambusto, si affaccia in sala. I senatori tacciono e la guardano.

«Cesare, ti portano forse notizie della regina Cleopatra che ti infiammi così? So anch’io che è in Egitto, a omaggiare la sua ultima fiamma. Vedrai, riporterà qualche altro danno».

Detto questo, scompare.

Cesare ribolle in silenzio, le gote arrossate dalla rabbia, il bicchiere colmo di vino stretto con forza, lo sguardo fiammante. La moglie lo ha colpito con grazia micidiale, ricordandogli che la regina ha un altro amante e non lo considera più imperatore, ma solo un vecchio seduto su un trono.

 

Cesare si sfoga

«Dunque — esordisce Cesare — la regina Meloni/Cleopatra scende a terra, lascia al porto di Roma la mia nave ammiraglia, prende una nave egizia e, con pochi dei suoi, si reca giù in Egitto a fare la regina. Lì c’è suo zio che governa per lei, e lei, a nome mio, va a stipulare accordi che non ho approvato, sfilando tra i pacieri per farsi vedere da comprimaria, dopo lo zio e l’ospite! Crede che gli altri non se ne accorgano?»

I senatori annuiscono.

«E allora, che c’è da guadagnare in questa pace? In due anni il popolo di Mosè ha sterminato quello dei Filistei, li ha spinti verso il sud, chiudendoli tra il mare e il deserto egiziano. Ci saranno solo rovine e fame. Ricostruire costa ai vincitori, non ai perdenti».

La Roma di Cesare

«Divino imperatore — replica un senatore — la regina egizia ha promesso che faremo affari: ricostruiremo scuole, ospedali, formeremo le forze civili per mantenere l’ordine».

Cesare imprecò agli dèi.

«Nell’impero i nostri ragazzi non vanno più a scuola, il latino è diventato una vergogna, la gente non si cura perché non ha soldi per le medicine, i medici non si trovano e gli infermieri nemmeno. E noi andiamo laggiù a vedere la fuffa?»

Un altro senatore balbetta: «Cesare, mesi fa uno dei nostri ha firmato un accordo con i figli di Mosè per il gas tra il mare e la terra dei Filistei. Ci assicuriamo inverni al caldo e cucine ben servite».

«Taci, stolto!» lo interrompe Cesare. «Non è sicuro parlare, la regina ha spie ovunque. Lasciamole pure la gloria di fare la comprimaria nel suo regno, dopo lo zio e l’amante nuovo.

Noi romani, famose li fatti nostri, semper. Ave! E quando torna, vedremo.»