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venerdì, 24 Ottobre, 2025
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David Szalay e la strana reticenza di un romanzo appassionante

Milano, 24 ott. (askanews) – Un romanzo di 330 pagine che si legge con notevole trasporto, nonostante una profonda reticenza della struttura narrativa e una trama che, a livello macro, potrebbe far pensare a un “già visto, già letto”. Invece fin dall’inizio è facile essere completamente avvolti dalla storia di “Nella carne”, il quarto romanzo dello scrittore canadese di origine ungherese David Szalay che esce in Italia per Adelphi, che già aveva pubblicato i suoi “Tutto quello che è un uomo” e “Turbolenza”.

La storia è quella di István, un giovane ungherese, che seguiamo dall’adolescenza alla maturità attraverso le sue vicende di vita sullo sfondo della società europea a cavallo del secolo. István è un antieroe per definizione, è assolutamente reticente lui stesso, nel senso che non spiega, ma, a differenza del celebra Bartleby di Melville, declina la sua reticenza prendendo parte alla vita, come dimostrano le sue numerose avventure – la carne del titolo è importante e ha un peso significativo -, ma sempre senza saper motivare davvero le scelte, anzi adagiandosi spesso in quelle fatte da altri. Dalla prima amante ai vari datori di lavoro, fino a Helen, che diventerà sua moglie. Dal “Preferirei di no” dello scribano, siamo passati ai tanti “Okay” che pronuncia il giovane ungherese e anche in questa evoluzione un occhio più brillante potrebbe leggere una sorta di analisi della società di oggi, ma non è questo l’argomento di cui stiamo parlando.

La cosa interessante della struttura del libro di Szalay – che ha sicuramente un talento letterario non indifferente e una spregiudicatezza formale molto intrigante, ma forse ancora alla ricerca di una sua identità completa – è che la ritrosia del protagonista è la stessa del libro, nel senso che i capitoli ci portano con grande vivezza all’interno di momenti della vita di István che sono decisivi, perché innescano qualcosa di molto grande: il carcere per omicidio, la guerra in Iraq da soldato, il matrimonio londinese altolocato o la morte del figlio, per citare alcuni passaggi. Ma il romanzo, dopo averci accompagnato a un passo dal grande snodo della trama, si ferma, tace del tutto questi avvenimenti per spostarsi ad anni dopo, come se niente fosse.

Di cosa accade a István in quelle vicende che, per forza, segnano la sua vita di uomo, non sappiamo pressoché nulla, se non dei frammenti che possiamo recuperare dai periodi successivi. Della sua vita di personaggio invece, possiamo dire solo che si sviluppa per comparti molto ben delimitati, sfruttando i non detti come un mistero prezioso intorno alla sua profonda e individuale solitudine (che lo ha reso parente, per esempio, anche dello Straniero di Camus). In un libro che forse vuole solo farci credere di essere una storia che punta molto sulla trama, e che genera nella lettura una forma di passione simile a quella innescata dalle serie tv, gli elementi di questa stessa trama che sarebbero, almeno sulla carta, i più forti sono regolarmente e sistematicamente omessi. E, nonostante questo, “Nella carne” funziona, coinvolge, trascina il lettore. Forse grazie anche alla preponderanza di pagine di dialoghi, quasi fosse un film parlato, o anche perché David Szalay sa confrontarsi con il mainstream in maniera brillante, senza smettere di essere uno scrittore sofisticato.

La sensazione alla fine, che comprende anche la constatazione che l’ultima parte del romanzo sia leggermente meno eclatante delle precedenti, è quella di trovarsi di fronte a un libro capace di riaccendere la voglia di leggere, di farsi rapire dalla letteratura. Sensazioni che si provano con piacere, ma anche con lo stupore di non sapere bene perché questo accade, di non riuscire a spiegare fino in fondo il segreto accattivante del romanzo. Èd è possibile che anche questa sia una manifestazione della grande reticenza da cui siamo partiti e che informa il libro e perfino il nostro stare come lettori davanti a esso. (Leonardo Merlini)