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martedì, 28 Ottobre, 2025
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Il riformismo non sia elitario

Papa Leone XIV chiama in causa l’azione dei movimenti popolari: terra, casa e lavoro come diritti “sacri” per una democrazia all’altezza della rivoluzione digitale ed ecologica

Il discorso con il quale papa Leone XIV ha salutato i partecipanti all’incontro mondiale dei “Movimenti popolari” merita più di qualche riflessione, perchè interpella direttamente il mondo politico.

Il Pontefice, ricollegandosi esplicitamente a Leone XIII e alla sua “Rerum Novarum”, da un lato ha collocato la Chiesa sia sul versante della modernità che su quello della continuità con il pontificato bergogliano, e dall’altro ha nei fatti realizzato un effetto “spiazzamento” verso quei soggetti -partiti e sindacati- che dovrebbero più di tutti concentrarsi sui temi che sono emersi dall’udienza (contenuti nel trittico “terra, casa e lavoro”, definiti dal papa “diritti sacri per i quali vale la pena lottare”).

Esclusione, migrazioni e nuove ingiustizie globali

Leone XIV, infatti, ha richiamato l’esclusione come “nuovo volto dell’ingiustizia sociale”, collegando tra loro l’immigrazione e il dramma del fentanyl che miete i giovani statunitensi con la depredazione dei popoli in nome delle terre rare. E lo ha fatto con parole nette, recise, senza appello: “non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma a gravi crimini commessi o tollerati dallo stato. Si stanno adottando misure sempre più disumane -persino politicamente celebrate- per trattare questi “indesiderabili” come se fossero spazzatura e non esseri umani”.

Così come papa Pecci aveva affrontato a fine Ottocento le condizioni di sfruttamento dei lavoratori e l’impatto sul capitalismo sulle masse indicando una strada che porterà alla dottrina sociale della Chiesa, oggi papa Prevost solleva (lo aveva già fatto parlando di digitale e intelligenza artificiale) il tema dell’adeguamento e dell’invenzione degli strumenti per governare i fenomeni sociali. Testuale: “i sindacati tipici del XX secolo rappresentano una percentuale sempre più esigua dei lavoratori e i sistemi di sicurezza sociale sono in crisi in molti paesi; nè i sindacati nè le associazioni dei datori di lavoro sembrano in grado di affrontare questi problemi. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un vuoto etico, in cui il male entra facilmente. Perciò i movimenti popolari, insieme alle persone di buona volontà, i cristiani, i credenti, i governi sono chiamati con urgenza a colmare quel vuoto”.

La politica in ritardo: il nodo del riformismo

Leone XIV invoca quindi tutti -in un quadro di laicità e di rispetto dei ruoli- a “colmare il vuoto” di una politica che non riesce a modernizzarsi per dare risposte di giustizia sociale ad una società immersa nella rivoluzione digitale, ecologica e geopolitica.

Questo è un tema che non ci può lasciare indifferenti. Al contrario, nel momento in cui stiamo -come Italia Viva- promuovendo con grande generosità la costituzione di “Casa Riformista”, dobbiamo mettere queste riflessioni e questi temi sul fondo della costruzione politico-programmatica, proprio come si fa per le case che si ancorano sulla roccia e non sulla sabbia.

La tentazione della “sindrome spagnola”

Di fronte alla vicenda religiosa, infatti, oggi rischiamo -in Italia in particolare- una sorta di “sindrome spagnola”, sul genere di quella che si generò nella Spagna degli anni ‘30. Da destra è evidente la tentazione della lettura confessionale dell’ispirazione religiosa in un’ottica conservatrice, l’impiego della religione come “instrumentum regni” sulla scorta dell’impostazione trumpiana, il richiamo alla logica della crociata in nome di una identità tradizionalista. A sinistra, per converso, si assiste ad un rigurgito troppo spesso laicista, che innesta una cultura wokista di esasperazione del diritto individuale -fino a sganciarlo dal dovere sociale e dalla responsabilità collettiva- sopra un antico riflesso condizionato per il quale i cattolici vanno bene quando fanno le dame della San Vincenzo o si occupano degli oratori, ma che non si mettano in testa di fare altro e tantomeno politica.

Di fronte alla stimolazione leonina -che non è nè di destra nè di sinistra, perchè il compito della Chiesa è quello di annunciare e seguire il Vangelo di Cristo, lasciando ai laici il suo inveramento nella Storia- non possiamo non affrontare in maniera compiuta e approfondita anche il nostro ruolo di riformisti.

Casa Riformista deve essere popolare, non elitaria

Commentando su Domani la vicenda, un osservatore attento come Marco Damilano ha rilevato che tutta la politica italiana arrivi lunga in proposito, perchè secondo lui su questi temi essenziali la destra è strumentale, la sinistra sorda e referenziale e i centristi “pariolini”, di salotto e di élite.

Ecco, Casa Riformista potrà dare il suo essenziale contributo storico se riuscirà a costruirsi in una dimensione popolare, sussidiaria e articolata partendo dal basso al fine di fornire una risposta politica moderna e attrezzata a questo fondamentale passaggio storico. E sarà il lavoro che abbiamo già iniziato ad intraprendere.

Dalla Rerum Novarum al nuovo “effetto spiazzamento”

La conseguenza storica della “Rerum novarum” fu la nascita del movimento cattolico organizzato politicamente, che coglieva i limiti insiti nel vecchio liberalismo e intuiva i pericoli del nuovo materialismo marxista. Cosa sarà la conseguenza del nuovo pontificato leonino attuale lo scopriremo solo vivendo.

Quello che è certo è che stiamo vivendo, come a fine Ottocento, una stagione di concentrazione di potere e ricchezze nelle mani sempre più di pochi, con una oligarchia nel campo della finanza, della tecnica, dell’economia e della politica che produce insopportabili ingiustizie e diseguaglianze (che gonfiano le vele del populismo e del sovranismo, detto per inciso). E quindi serve qualcosa. Noi abbiamo qualche responsabilità, e per la nostra parte dobbiamo fare qualcosa, perchè i talenti fruttano se li si traffica, non se li si nascondono. Così potremo fare ciò che ci spetta per colmare “quel vuoto”, e per dare concretezza al desidero di speranza e di giustizia che è diffuso nel Paese e che oggi -purtroppo- si traduce troppo spesso in disaffezione e diserzione dalle urne e dai luoghi della democrazia.

[Il testo è stato pubblicato dall’autore, vicepresidente di Italia Viva, sulla dua pagina Fb]