Nel suo articolo pubblicato da AsiaNews (leggi qui), Stefano Caprio osserva che la lunga guerra in Ucraina “si allontana sempre di più dal traguardo annunciato”.
Il 2025, scrive, “è l’anno più violento e sistematico dei quattro anni di guerra, ma senza aver ottenuto risultati concreti”.
A fronte delle perdite e dell’usura economica, la Russia non sembra in grado di modificare il corso del conflitto, mentre l’Ucraina resiste, pur a prezzo di immense sofferenze civili. “Né la Russia, né l’Ucraina sono veramente in grado di cambiare il carattere della guerra”, sottolinea l’autore, segnalando il rischio di un lungo stallo militare e politico.
L’ombra della propaganda e la realtà sociale
Caprio descrive una Russia segnata da contraddizioni profonde. Mentre la propaganda insiste sulla “grande vittoria”, la realtà mostra un Paese stanco, appesantito da sanzioni e isolamento internazionale. L’economia, pur sostenuta dagli introiti energetici, comincia a mostrare segni di stagnazione e diseguaglianze crescenti.
Il “miraggio della vittoria” — scrive l’autore — “è divenuto più un riflesso retorico che un obiettivo concreto”. La retorica patriottica, continua, “non riesce più a compensare le ferite materiali e morali di un conflitto che ha travolto intere generazioni”.
Un bivio storico per Mosca
La riflessione conclusiva è amara: dopo quattro anni di guerra, la Russia non può più illudersi di una rapida soluzione. L’articolo invita a interrogarsi sul senso stesso della vittoria, mentre “la distanza fra le ambizioni politiche e la realtà militare” si allarga ogni giorno di più.
In questo scenario, AsiaNews legge nel logoramento russo non solo un fallimento strategico, ma anche “una crisi morale e culturale”, che tocca l’identità stessa del Paese.

