Negli anni del liceo presi spunto dal titolo del libro di Ugo Dotti “Il savio e il ribelle. Manzoni e Leopardi” per una piccola congettura personale: nel Novecento italiano “il ribelle” è senz’altro Pier Paolo Pasolini, mente Umberto Eco è “il savio”.
Il poeta come metafora vivente
Un ribelle e un poeta. Il 6 settembre 1975, a Firenze, nel corso di un dibattito con Cesare Luporini alla Festa nazionale de l’Unità, ebbe a dire: «Chi credi che io sia? Un filosofo? No. Un politico? Neppure. Chi sono io allora? Un poeta. E come si esprimono i poeti? Per metafore». A tal riguardo, ho riportato in esergo a un mio piccolo saggio di politica, scritto dopo la pandemia da Covid-19 e all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, un passaggio tratto da “Le belle bandiere”: «Cos’è che rende scontento il poeta? Un’infinità di problemi che esistono e nessuno è capace di risolvere: e senza la cui risoluzione la pace, la pace vera, la pace del poeta, è irrealizzabile». E subito dopo, una considerazione personale in suo omaggio: «La lettera nella quale Marx evoca il sogno di una cosa è di un’intensità e di una forza non trascurabili. La psicoanalisi ci suggerisce, ad esempio, il nesso fra sogni e desideri, e tende a presentare, poniamo, la nostalgia come desiderio inconscio di (ri)trovare la ‘beatitudine’ del grembo materno, di cui pure non si ha memoria. Il filosofo di Treviri, dal canto suo, mette a nudo, come dire?, il desiderio dei desideri, ciò che è sotteso a ogni desiderio, a ogni anelito: una cosa, che non è un ‘ritorno’, bensì liberazione», Esodo.
Il cristianesimo come dissociazione dal potere
E per Pasolini dov’è, chiediamoci, l’essenza del cristianesimo? Egli coglie il nucleo autentico del messaggio cristiano in una dissociazione radicale tra regno di Cesare e regno di Dio, ordine del Potere e ordine della Verità. Da qui il possibile, e doveroso, incontro tra “il religioso radicale” e “il laico radicale”, nutrito, come scrive nelle “Lettere luterane”, dalla «religione laica della democrazia», in riferimento alla «prassi democratica intesa nella purezza della sua forma, o, se vogliamo, del suo patto formale».
L’omaggio finale in versi
Ecco, l’ordine della verità, per lui, attiene soprattutto alla poesia, in senso lato: perciò egli tende a esprimersi con i romanzi, gli articoli, i saggi, con quella versione “scritta” della realtà che è il cinema e con la poesia come generalmente intesa, naturalmente. Così mi sento di rendergli nuovamente omaggio con i miei piccoli versi, che danno voce, insieme, al sentimento amoroso, al ricordo dei defunti, alle suggestioni che provengono dal pensiero di Emanuele Severino e alla gratitudine verso il nostro poeta ribelle: “Tra il tempo e l’eternità” / di Prigogine / sei tu per me, / tra un tempo che non c’è più / e un sentire / senza fine, / su quell’orlo dove essere e nulla / s’incontrano / come in una spirale / che ospita / i vivi e i morti, / è l’orlo dell’infinito, della follia, dell’amore”.

