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mercoledì, 5 Novembre, 2025
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Da Mamdani alla Virginia, i democratici danno uno schiaffo a Trump

Roma, 5 nov. (askanews) – Dalla vittoria del giovane Zohran Mamdani alla poltrona di sindaco di New York al trionfo dei democratici in Virginia e New Jersey, e in California, dove gli elettori hanno approvato il referendum che ridisegna la mappa dei collegi elettorali, la notte americana si è trasformata in un’ondata blu che ha travolto il Partito repubblicano e inferto un duro colpo politico al presidente Donald Trump, a un anno dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Il democratico Mamdani, 34 anni, deputato statale e volto della corrente socialista del partito, è diventato il primo sindaco musulmano e originario dell’Asia meridionale nella storia della città di New York. Il suo successo, sostenuto dall’entusiasmo dei giovani e dei quartieri popolari, rappresenta una svolta generazionale e ideologica nella capitale simbolica del trumpismo. Ha battuto nettamente l’ex governatore Andrew Cuomo, sostenuto negli ultimi giorni proprio da Trump, con il 51,5% dei voti contro il 40%. “Il nostro è un mandato per il cambiamento, per una politica nuova, capace di servire chi lavora e non chi comanda”, ha dichiarato Mamdani nella notte della vittoria, in un discorso che ha evocato la figura del socialista Eugene Debs (“vedo l’alba di un giorno migliore per l’umanità”) e ha promesso “una città più giusta, solidale e accessibile”.

Mentre a New York i democratici festeggiavano la vittoria più simbolica, sulla costa orientale arrivava un altro segnale chiaro del malcontento nei confronti dell’amministrazione Trump. In Virginia, stato tradizionalmente considerato un termometro politico dopo le presidenziali, la democratica Abigail Spanberger ha conquistato la carica di governatrice con un margine di 15 punti, diventando la prima donna a guidare lo Stato. “Abbiamo scelto la nostra comunità invece del caos”, ha detto Spanberger, 46 anni, ex agente della Cia e deputata moderata, che ha costruito la sua campagna sul rifiuto della polarizzazione e sulla promessa di unire l’elettorato dopo anni di divisioni.

A completare la vittoria in Virginia, il democratico Jay Jones è stato eletto procuratore generale nonostante una controversia legata a vecchi messaggi violenti, mentre Ghazala Hashmi è diventata la prima musulmana eletta in uno stato americano come vicegovernatrice, con un vantaggio di dodici punti sul repubblicano John Reid.

Anche in New Jersey la sfida si è chiusa con un successo netto dei democratici. Mikie Sherrill, 53 anni, ex pilota della Marina e deputata progressista, ha vinto la corsa a governatrice con oltre dieci punti di vantaggio sul repubblicano Jack Ciattarelli, che aveva ricevuto l’appoggio diretto di Trump alla vigilia del voto. “Il nostro Stato ha bisogno di stabilità e non di estremismi”, ha detto Sherrill, attaccando il suo avversario per aver definito il presidente “nel giusto su tutto ciò che fa”. Il tema centrale della campagna è stato il costo della vita, con Sherrill che ha promesso di congelare le tariffe energetiche e Ciattarelli che ha insistito su tagli fiscali e deregolamentazione.

L’ondata democratica ha raggiunto anche la California, dove gli elettori hanno approvato con ampio margine la “Proposition 50”, un referendum voluto dal governatore Gavin Newsom per ridisegnare la mappa dei collegi elettorali in risposta alle manovre repubblicane in Texas. “È il nostro modo per difendere la democrazia da chi tenta di piegarla ai propri interessi”, ha dichiarato Newsom, sottolineando come l’iniziativa possa garantire fino a cinque seggi in più ai democratici nella Camera dei rappresentanti alle prossime elezioni di medio termine. Trump, anticipando la sconfitta, aveva definito il voto “una truffa incostituzionale”, denunciando presunti brogli elettorali senza fornire prove.

Dalla Casa Bianca, il presidente ha reagito nella notte con una serie di messaggi furiosi sulla piattaforma Truth Social, parlando di “voti truccati” in California e di “elezioni rubate” dai democratici. Ha insultato gli elettori ebrei che hanno sostenuto Mamdani, definendoli “stupidi”, e ha accusato i governatori eletti Spanberger e Sherrill di “distruggere l’economia americana con tasse e regolamenti”. Trump ha poi attribuito la sconfitta alla sua assenza dalle schede elettorali e alla chiusura temporanea dell’amministrazione federale (shutdown), scrivendo che “senza Trump in lista i repubblicani non vincono”.

I risultati, però, parlano di un’America diversa da quella immaginata dal presidente. In tutti gli Stati in cui si è votato, gli elettori hanno espresso un giudizio negativo sul suo operato e, secondo i sondaggi d’uscita, nove elettori su dieci tra coloro che disapprovano Trump hanno scelto candidati democratici. I democratici hanno riconquistato anche parte dell’elettorato latino e afroamericano, che un anno fa aveva dato segnali di apertura verso i repubblicani: Sherrill ha ottenuto oltre il 90% dei voti neri e un vantaggio di 30 punti tra gli ispanici, mentre Spanberger ha registrato cifre simili in Virginia.

Con questa serie di vittorie, il Partito democratico ritrova slancio e fiducia in vista delle elezioni di metà mandato del 2026. Per Trump, invece, la “grande notte dei democratici” segna il primo vero campanello d’allarme del suo secondo mandato: un Paese che sembra stanco della sua retorica e un partito repubblicano in cerca di una nuova identità, stretto fra la fedeltà al suo leader e la necessità di cambiare rotta.