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giovedì, 6 Novembre, 2025
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Abu Mazen in Vaticano: il confronto che può ridisegnare la rotta del Medio Oriente

Oggi il presidente palestinese Mahmoud Abbas incontra Papa Leone XIV. Il dialogo tra Roma e Palestina torna al centro della scena internazionale, nel segno della tregua fragile e della diplomazia possibile.

Il ritorno della Palestina al centro della diplomazia pontificia Abu Mazen lo ha ricordato con una frase destinata a pesare: “Non posso dimenticare che Papa Francesco riconobbe la Palestina senza che nessuno glielo chiedesse”.

Santa Sede e mondo arabo

È la memoria di una scelta che ha segnato un passaggio epocale nei rapporti tra Santa Sede e mondo arabo, oggi attualizzata nel nuovo quadro aperto da Papa Leone XIV.

Oggi il Presidente palestinese incontra il Pontefice in Vaticano, a quasi un mese dall’entrata in vigore dell’accordo di tregua nella Striscia di Gaza. Non un mero appuntamento protocollare: è un incontro che rimette Roma nella traiettoria del grande nodo geopolitico del nostro tempo.

Una storia di relazioni che continua

Undici anni fa Abbas partecipò, con Papa Francesco, Shimon Peres e Bartolomeo I, alla storica preghiera nei Giardini Vaticani, con la piantumazione dell’ulivo. Quel gesto è diventato elemento identitario della possibile pace: il decennale fu ricordato da Bergoglio lo scorso 7 giugno, nello stesso luogo.

Negli anni, Abbas e Francesco si sono parlati più volte, dentro e fuori agenda. Anche dopo il 7 ottobre 2023, le telefonate furono frequenti, con la ripetuta richiesta di protezione dei civili, tutela dei luoghi sacri, rispetto del diritto internazionale, e condanna dell’uso indiscriminato della forza.

Il ruolo di Leone XIV

Con Leone XIV, Abbas aveva già avuto un colloquio telefonico il 21 luglio scorso, centrato sulle violenze a Gaza e Cisgiordania. In quell’occasione il Papa ricordò il valore del decimo anniversario dell’Accordo globale Santa Sede – Stato di Palestina (firmato nel giugno 2015 e in vigore dal gennaio 2016): architettura diplomatico-giuridica ancora oggi attuale.

Il passaggio cruciale non è celebrare un anniversario, ma riprendere quel metodo: negoziazione, riconoscimento, diritto, diplomazia multilaterale. È qui che la Santa Sede può tornare ad essere riferimento reale nelle fratture mediorientali.

Una speranza realistica

Il vertice di oggi è dunque un segnale politico. Non c’è illusione salvifica e non c’è pacifismo ingenuo: la tregua è instabile, la mappa del conflitto resta incerta, le agende di USA, Israele, Iran e attori regionali non convergono facilmente.

Eppure Roma, quando apre canali, lascia sempre una traccia. Il mondo ha bisogno di luoghi che possano ancora parlare il linguaggio della mediazione. In questo quadro, la Santa Sede – oggi – torna ad essere interlocutore necessario.