«Bettini, esci da questo Renzi». È una frase che non si era mai sentita così, detta così, in pubblico, in scena politica aperta. Pina Picierno — sul palco del Linkiesta Festival — non si limita a un appunto tattico: «Mi è sembrato di ascoltare le stesse motivazioni di quella che un tempo Renzi stesso chiamava “la ditta”». E aggiunge: «Oggi sembra sposarne addirittura le tesi».
L’affondo
L’obiettivo del colpo non è solo Renzi: è la (errata) definizione del “riformismo” come attitudine a contenere, a mediare, a temperare le posizioni, anche quando sono sbagliate perchè intrise di populismo o demagogia. Picierno rovescia lo schema: «O i riformisti sono capaci di coltivare ambizioni alte, oppure finiremo per incastrare il Paese in un eterno gioco di conservazione».
Il paradosso interno
La domanda però — politicamente — torna inevitabile verso casa sua: possono i riformisti che continuano a militare nel Pd produrre quell’ambizione alta che lei invoca? Perché il rischio è proprio quello che l’europarlamentare denuncia nell’atteggiamento di Renzi: il tatticismo o peggio l’ambiguità. «Non mi rassegno a vedere il partito che ho contribuito a fondare cancellare un pezzo della sua storia», dice. E qui si apre lo scenario più complicato: se non ci si rassegna, come s’immagina di superare e correggere una linea politica oggetto di contestazione? Nell’incontro di Milano, non molti giorni fa, la critica alla “linea Schlein” è scivolata verso parole d’insofferenza che non hanno fornito indicazioni concrete. Anzi, sono apparse come l’affannosa ricerca di un punto di equilibrio rispetto alla segreteria.
Dentro o oltre il recinto
Renzi — piaccia o no — ha scelto a suo tempo di andare fuori. Ha rotto il recinto, tant’è che oggi si mostra inaffidabile per il tentativo di rientrarvi a pieno titolo. La Picierno, invece, prova a gestire una prospettiva di rottura… senza rompere con il Pd. Davvero complicato.
Il punto politico
Insomma, non basta evocare la nobiltà del riformismo democratico se il partito che dovrebbe rappresentarlo non riesce a darne una versione attendibile. La Picierno inciampa su un riformismo che gioca facile con la critica a Renzi, ma non si traduce in un progetto politico .
Dunque, la domanda finale non è su Renzi. È sul Pd. E su chi, dentro il Pd, fa professione di credere in un cambio di orizzonte politico quando dal Nazareno vengono sistematicamente inequivoci segnali di chiusura. Quousque tandem?

