A 80 anni dall’Olocausto di Marzabotto: la figura di Mons. Gherardi.

Da solo portò Marzabotto a caso di coscienza nazionale. Mons. Luciano Gherardi riposa nel piccolo cimitero di Casaglia, uno dei luoghi simbolo dell'eccidio, accanto alla tomba di Don Giuseppe Dossetti.

Per l’8 Settembre parlavamo di Castellano e Montanari che alla fine per la riuscita dell’Armistizio se la sbrigarano da soli. In questo 80° Anniversario dell’eccidio di Marzabotto la sua insuperabile memoria nella Storia deve molto a Mons. Luciano Gherardi.

 

Luciano Gherardi, uno studioso dagli impegni ecclesiali a Marzabotto

Don Gherardi, bolognese, classe 1919, fu ordinato sacerdote il 28 Giugno del 1942 dal Card. Nasalli Rocca. In quel giorno suoi compagni di Messa furono Don Giovanni Fornasini e Don Ubaldo Marchioni. Tutti e due massacrati dalle SS del Maggiore austriaco Walter Reder all’inizio dell’Autunno del 1944 sugli Appennini della Gotica intorno a Sasso Marconi.

Parroco nella Città bononiense ai Ss. Bartolomeo e Gaetano alle Due Torri dal 1960 al 1999, anno della sua morte, Luciano Gherardi riposa nel piccolo cimitero di Casaglia, uno dei luoghi simbolo dell’eccido, accanto alla tomba di Don Giuseppe Dossetti. A Monteveglio Dossetti aveva fondato la Piccola Famiglia dell’Annunziata, lì morì il 15 Dicembre del 1996. Ma aveva voluto non a caso un insediamento della comunità anche a Casaglia, dove poi fu tumulato tre giorni dopo la sua morte.

Per le tante competenze ed incarichi Mons. Gherardi è stato protagonista del suo tempo in ambito diocesano e nazionale, avendo particolarmente a cuore l’attuazione della riforma liturgica voluta dal Vaticano II.

Laureato in Lettere con 110 e lode all'”Alma Mater” nel 1959, sue opere contribuiscono in maniera decisiva alla beatificazione e poi alla canonizzazione della ragazza Clelia Barbieri (morta a ventitré anni di tubercolosi nel 1870). Documentatissimo, colto, brillante e versatile nella scrittura, Mons. Gherardi ha scritto poesie, diretto riviste e pubblicato importanti studi storici.

Ma soprattutto Luciano Gherardi è quello che ha portato alla luce della coscienza civica nazionale, della politica, delle istituzioni e della stessa rinserrata Chiesa Cattolica la tragedia dell’Autunno ’44 a Marzabotto. Facendo di Marzabotto un vero caso per l’intera nazione.

Non lo fece tanto perché sospinto da personale sensibilità verso gli orrori e i soprusi della guerra ma per togliere dal dimenticatoio ed onorare i suoi confratelli di Messa, e anche gli altri sacerdoti martiri della programmata disumanità nazista: Don Ferdinando Casagrande (con la sorella Giulia), il salesiano Don Elia  Comini e il dehoniano Padre Martino Capelli. Da notare: tutti uccisi in giorni diversi, dal 29 Settembre al 13 Ottobre, giorno della morte di Don Fornasini (allorché il capitano di una squadra di SS rincasa la sera dicendo “Pastore kaputt!”;  ucciso dalle percosse e una pugnalata al collo, il corpo insepolto, con la testa staccata, fu ritrovato dal fratello nell’Aprile del 1945). Le uccisioni in date diverse dicono che la loro morte non fu l’essersi trovati coinvolti d’improvviso in un’unica rappresaglia ma il frutto di volontà omicide selezionate.

(In Emilia Romagna il conto dei sacerdoti morti durante la Seconda Guerra Mondiale arriva a 123: 14 cappellani militari per motivi di servizio, 45 sotto i bombardamenti, 37 quelli uccisi dai Nazifascisti e 27 da partigiani o spacciantisi per tali “in odium fidei”).

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