Roma, 8 nov. (askanews) – Sonorit moderne e tradizionali, abbinate a virtuosismi e tanta passione. Questo – ma anche molto altro – stato il concerto di jazz azerbaigiano organizzato a Roma, all’Auditorium parco della musica Ennio Morricone, dall’Ambasciata dell’Azerbaigian in Italia e dal Centro Culturale azerbaigiano.
Un evento ispirato dalla celebrazione di una data simbolo per la storia moderna dell’Azerbaigian: l’8 novembre, in cui quest’anno ricorre il quinto anniversario del Giorno della Vittoria, con il relativo ripristino dell’integrit territoriale della nazione. A rivolgere i saluti iniziali stata la direttrice del Centro Culturale, Gulnar Taghizada, che ha sottolineato la valenza della ricorrenza dell’8 novembre prima di presentare artisti e musica. Poi stata la volta dell’ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, Rashad Aslanov, che ha ricordato perch quella celebrata dal concerto una data speciale per il suo Paese: “Cinque anni fa, l’8 novembre, l’Azerbaigian ha vinto la guerra patriottica e ripristinato la sua integrit territoriale: per 30 anni abbiamo avuto questo conflitto e l’8 novembre 2020 stato una conclusione di questa epoca di occupazione e inizio di una nuova epoca anche per la regione. Questa vittoria ha portato – o creato l’opportunit per portare – pace, prosperit, nella regione intera”.
L’ambasciatore Aslanov ha poi lasciato spazio agli artisti. A esibirsi sono stati Shahriyar Imanov, giovane e talentuoso suonatore di tar, vincitore di numerosi premi internazionali, ed Etibar Asadli, pianista e regista, rappresentante di spicco della scena musicale contemporanea. Ad accompagnarli le percussioni da Joann Schmidt: improvvisazione e rigore, contaminati da elementi jazz, classici, etnici ed elettronici, hanno incontrato il gradimento degli oltre 300 presenti in sala, tra cui rappresentanti del mondo politico, istituzionale, diplomatico e della cultura.
“Sono molto contenta che venga ricordato questo giorno In una guerra dove ci sono state molte vittime: ho visto delle citt vicine ai territori con palazzi distrutti dai missili che venivano lanciati. Quindi meno male che finita”.

