Il Segretario Generale dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain, Gennaro Curcio, anticipa il suo contributo al convegno su “A settant’anni da L’uomo e lo Stato”, in programma giovedì prossimo (in basso il link per visualizzare la locandina). La sua conclusione, in ordine al problema della laicità nei rapporti tra sfera ecclesiale e organizzazione civile, è che “la forma specifica dell’aiuto reciproco tra Chiesa e società politica è la reciproca assistenza che, nel rispetto della libertà, garantisce il rispetto dei diritti.
Le grandi questioni relative ai temi della bioetica e della libertà individuale impegnano la politica e la cultura nel senso più ampio in un acceso dibattito sui temi della vita, della famiglia, dell’identità personale e del rapporto tra i diritti e i doveri per il buon vivere della comunità umana. Un confronto acuto che inevitabilmente coinvolge i rapporti tra lo stato e la Chiesa, innalzando la discussione al confronto tra lo spirituale e il temporale, tra conservatori e progressisti.
È possibile un confronto pacifico tale da evitare estremismi e strumentalizzazioni? L’uomo e lo Stato indica nella prospettiva della filosofia pratica, incentrata su dei principi generali immutabili, la strada per la conciliazione e il dialogo di posizioni assai differenti che non riuscirebbero a conciliarsi su aspetti di natura teorica. Maritain, durante la seconda Conferenza internazionale dell’Unesco, coglie nel pensiero pratico l’unico punto di incontro tra posizioni ideologiche e teoriche di natura diversa. Il 6 novembre 1947 a Città del Messico, il filosofo francese pronuncia parole tanto semplici quanto rivoluzionarie, capaci di convogliare tutti le posizioni nella direzione comune dei Diritti umani. Si legge in L’uomo e lo Stato: «Come può essere concepibile un accordo di pensiero tra uomini riunti per un compito di ordine intellettuale da realizzare in comune e che provengono dai quattro punti cardinali e appartengono non solo a culture e civiltà tra loro differenti, ma anche a famiglie spirituali e a scuole di pensiero antagoniste? Siccome la finalità dell’Unesco è una finalità pratica, l’accordo degli animi può attuarsi spontaneamente, non già s un comune pensiero speculativo, ma su un comune pensiero pratico, non sull’affermazione di una medesima concezione del mondo, dell’uomo e della conoscenza, ma sull’affermazione di un medesimo insieme di convinzioni intese a guidare l’azione».
Il discorso del filosofo invita a cogliere nel bene comune il tèlos pratico della laicità il senso per poter giungere in maniera condivisa all’accordo. Un’osservazione che ancora oggi si mostra essere profondamente valida nelle questioni a cui abbiamo fatto accenno e che rinvia a delle considerazioni sulle convinzioni e sulle responsabilità. Risulta evidente che sia le convinzioni che le responsabilità vivano di un legame stretto che definisce delle conseguenze reali e tangibili del proprio agire nella comunità umana. La consapevolezza di doveri e responsabilità comuni realizza una comunità fraterna fondata sul dialogo tra persone appartenenti a posizioni apparentemente inconciliabili o integraliste. All’agire politico e sociale dei credenti, Jacques Maritain dedica una lezione, pubblicata con il titolo La Chiesa e lo stato. Trattando l’argomento «nella prospettiva di una filosofia pratica adeguata: vale a dire da filosofo, non da teologo, ma da filosofo cristiano, che tiene conto dei dati teologici che permettono di cogliere nel loro pieno valore esistenziale le realtà concrete di cui parla», propone dei principi generali immutabili affinchè Chiesa e corpo politico coesistano nel reciproco rispetto.
Appartiene, secondo il filosofo francese, a ogni persona la vocazione a ricercare il bene comune. Un bene che, trascendendo il bene comune politico, riguarda lo spirituale più che il materiale; eleva l’uomo a Dio e in esso ritrova la sua dignità. Umanamente, ogni persona impegnata nella ricerca dello spirituale si impegna prima per il bene comune politico. Questo accade perché tra persona e corpo politico intercorre una relazione particolare: «La persona umana è al tempo stesso parte del corpo politico e superiore ad esso». Come parte del corpo politico si impegna per il bene comune della società civile, ma, per la sua esistenza sovratemporale, ricerca un ordine che trascende il temporale. «Sappiamo che l’uomo e tutto l’uomo è impegnato nel bene comune della società civile. Ma sappiamo altresì che in quanto riguarda le cose «che non sono di Cesare», la società stessa e il suo bene comune sono indirettamente subordinati alla perfetta realizzazione della persona e delle sue aspirazioni sovratemporali come a un fine di un altro ordine, un ordine che trascende il corpo politico».
Nella stretta cooperazione tra i due poli, la laicità si propone come un punto di incontro su dei valori comuni e non negoziabili che riguardano tutti gli uomini. La laicità è un esercizio di inclusione tra persone impegnate nella ricerca di uno stesso fine civile. Affinchè si pratichi la laicità inclusiva Maritain prescrive tre principi generali immutabili: «Il primo principio generale da formulare è la libertà della Chiesa di insegnare, predicare e adorare; la libertà del Vangelo; la libertà della parola di Dio. Il secondo principio generale è la superiorità della Chiesa – in altre parole, dello spirituale – sul corpo politico o sullo Stato. Il terzo è la necessaria cooperazione tra la Chiesa e il corpo politico o lo Stato»6. Si tratta di principi assoluti, immutabili e sovratemporali, concepiti come degli ideali storici concreti che offrono l’immagine in prospettiva del bene per la nostra epoca.
Rispetto al principio della libertà, Maritain si sofferma sulla differenza tra la concezione della Chiesa per i non credenti e per i credenti. Per i non credenti la Chiesa è un corpo o un’associazione che si dedica ai bisogni religiosi, alle credenze, ai valori spirituali di persone che le hanno affidato la propria vita e la propria integrità morale. Per i credenti, invece, è una società soprannaturale, divina e umana allo stesso tempo, perfetta che, considerando gli uomini cittadini del regno di Dio, li guida verso la vita eterna. Nella prospettiva del credente, la libertà della Chiesa deriva da Dio stesso. Per questo il primo principio generale immutabile sancisce la libertà di predicare, adorare e insegnare la parola di Dio.
Non sempre nel corso della storia, alla Chiesa è stata riconosciuta la sua libertà. In epoca sacrale e fino al medioevo la distinzione tra corpo politico e corpo sacrale non esisteva o comunque non era ancora netto. In età barocca, invece, la civiltà sacrale si disintegra consentendo all’ordine temporale di affermarsi fino a giungere nella modernità a definire una società profana o secolare che respinge Dio e il Vangelo dalla vita sociale e politica. In una società non più sacrale, come quella in cui viviamo, «uomini che professano credenze religiose e non religiose devono partecipare e lavorare allo stesso bene comune politico o temporale». Da questo emergono: l’autonomia e l’indipendenza del corpo politico; il riconoscimento dell’uguaglianza dei membri come fondamento dello Stato e l’importanza della coscienza individuale di fronte alle coercizioni esercitate da forze esterne. In questo modo, Maritain riconosce che la fede non può essere imposta con la forza.
Allora quale relazione intercorre tra Chiesa e Stato?
Affermando il principio della superiorità della Chiesa, il filosofo ne riconosce la presenza ma non l’appartenenza al corpo politico: «La Chiesa…è un tutto; è un regno assolutamente universale esteso al mondo intero: al di sopra del corpo politico e di ogni corpo politico». Una tale superiorità si manifesta attraverso la potenza morale che con cui la Chiesa influenza, penetra e vivifica l’esistenza temporale. Il corpo politico che non conosce altra verità se non quella che viene dal popolo, non può elevarsi alla conoscenza della verità più autentica. Potrebbe però lasciarsi ispirare dallo spirituale così da animarsi di «una sua propria moralità sociale e politica, una sua concezione della giustizia e dell’amicizia civica, del bene comune temporale e del compito comune, del progresso umano e della civiltà, vitalmente radica nella coscienza cristiana» al fine di rendere gli uomini moralmente buoni.
Riconosciuta la superiorità dell’una sull’altro, come può la persona vivere bene se allo stesso tempo è membro sia della società della Chiesa che dello Stato? Maritain ricorre al terzo principio generale della cooperazione. Scrive: «Le cose che sono di Cesare non sono soltanto distinte dalle cose che sono di Dio, ma devono anche cooperare. Quali sarebbero dunque, nel particolare modello di società politica cristiana oggetto del nostro discorso, i mezzi appropriati grazie ai quali il principio di necessaria cooperazione tra la Chiesa e il corpo politico verrebbe applicato? La questione, mi sembra, ha tre implicazioni: la prima, che riguarda nello stesso tempo il corpo politico e lo Stato, attiene alla forma più generale e più indiretta di reciproca assistenza tra essi e la Chiesa; la seconda, che riguard a particolarmente lo Stato o l’autorità civile, attiene al pubblico riconoscimento dell’esistenza di Dio; la terza, che in un caso riguarda specialmente lo Stato, e in un altro specialmente il corpo politico, è relativa alle forme specifiche dell’aiuto reciproco tra la Chiesa e la società politica».
Il filosofo rinvia al compito materiale di promuovere la ricchezza e di assicurare, secondo giustizia, l’equa distribuzione dei beni materiali, sostegno dell’umanità. Dunque, la forma specifica dell’aiuto reciproco tra Chiesa e società politica è la reciproca assistenza che, nel rispetto della libertà, garantisce il rispetto dei diritti.
Locandina del convegno su L’uomo e lo Stato
https://istituto.maritain.net/IIJM-Brochure_l_uomo_e_lo_Stato_2021.pdf?c519ce&c519ce