Viverone, località turistica sul lago omonimo, a ridosso di Biella, ospita oggi la XVIII Conferenza Nazionale dei Piccoli Comuni. Non saranno molte le attenzioni ad essa riservate, anche se il titolo in inglese (Small City & Small Land) scelto dai solerti comunicatori ANCI vorrebbe smentire le previsioni negative. Inutili dettagli o fastidiosi ingombri: in realtà, sul piano più schiettamente politico, deve essere colta una dinamica nascosta, non priva d’interesse, un qualcosa cioè che può crescere e fruttificare, potremmo dire un principio di novità.
Infatti, giunti a metà dell’anno, già si avverte l’atmosfera tipicamente pre-congressuale, che accompagnerà l’Anci fino alla elezione, nel 2019, dei nuovi organi dirigenti.
Sì guarda avanti per non appesantire la critica sull’oggi, dato che l’Associazione attraversa una dellle fasi più grigie della sua quasi centenaria esperienza. Decaro, unico presidente nella storia dell’Anci ad essere stato imposto dal governo, ovvero direttamente da Palazzo Chigi nel pieno fulgore del renzismo, si limita ad interpretare il declino con bizantina furbizia e vocazione imbonitoria.
I grandi sindaci non hanno più molto da proporre, come pure avevano fatto nel passato, dal 1995 ad oggi, in termini di fascino e attrattività. L’egemonia esercitata per oltre vent’anni, con dubbi risultati, dopo tutti i funambolici discorsi sul federalismo (di cui nessuno parla più) si sta rapidamente esaurendo. La crisi è maturata silenziosamente con Fassino, un presidente incapace di afferrare il vero spirito dell’Anci, benché all’altezza del compito nel camuffare questa incomprensione con l’autorevolezza di una lunga e prestigiosa carriera politica.
La polvere della retorica e di un certo trionfalismo finalmente si è depositata. Non sono le città a suscitare un moto di simpatia per la Repubblica delle autonomie. Ora è il momento di guardare alla ricchezza delle piccole comunità, agli uomini che ne amministrano le sorti, senza godere della copertura mediatica del sindaco di Milano o di Napoli, alle tante testimonianze di vitalità del tessuto civile e morale della cosiddetta “Italia minore”. Dunque, un sindaco espressione dei piccoli comuni potrebbe rilanciare la sana cultura autonomistica – non la prassi di potere del “big government” metropolitano – strappando l’Anci al brutto ancoraggio nelle rade del corporativismo parastatale.
Ci vuole un sindaco, magari di un borgo di poche migliaia di abitanti, che restituisca un soffio di genuinità al discorso sulle comunità e le autonomie locali. Forse Viverone è proprio l’inizio del congresso Anci, disgraziatamente posizionato, a meno di decisioni imprevedibili, nelle lontananze dell’autunno del 2019.