Ieri il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, ha avuto un colloquio con la Prima ministra ucraina Yulia Svyrydenko. Una riunione definita pragmatica, con l’obiettivo di accelerare i progetti di ricostruzione e le nuove sanzioni contro i giganti petroliferi russi. Nel comunicato rilanciato da Askanews, Bessent afferma di aver ribadito “l’impegno del presidente Trump nel garantire una pace duratura in Ucraina”. In particolare si è parlato del Fondo per la ricostruzione destinato a mobilitare “talenti, risorse e standard di governance americani”.
Diplomazia economica, non pugni sul tavolo
Il tono istituzionale del Tesoro contrasta con le frequenti esternazioni aggressive di Trump – anche ieri sguaiatamente antieuropeo – sul conflitto ucraino. Bessent agisce su leve tecniche: sanzioni, investimenti, governance. Il fondo bilaterale USA-Ucraina — deliberato nei mesi scorsi — punta a rafforzare la stabilità economica del Paese e ad attirare capitali nella fase post-bellica, trattando l’impegno economico come segno concreto del sostegno americano.
Una partnership “di interesse”
Non si tratta di solidarietà generica: gli Stati Uniti mirano a un accesso qualificato ai settori strategici ucraini, dalle infrastrutture all’energia, integrando la ricostruzione con vantaggi economici e geostrategici. “Una partnership economica totale”, ha sintetizzato lo stesso Bessent in precedenti occasioni, legando l’impegno per la pace a incentivi e condizioni precise.
La linea Bessent, se così possiamo definirla, non contraddice apertamente Trump: semmai ne integra su un piano diverso l’approccio strategico. L’apparente distacco non attenua la pressione su Mosca poiché, ad esempio, le sanzioni restano uno valido strumento di contrasto. Avanza dunque una combinazione di fattori che (ri)definisce il ruolo globale degli Stati Uniti nell’era del confronto tra grandi potenze.
La prova dei fatti
La prima riunione operativa del Fondo si è svolta a settembre con l’avvio di operazioni concrete. Un segnale che la collaborazione avanza nonostante le asperità politiche e le frizioni retoriche.
Si adombra, dunque, una differenza di stile: accanto alla voce del Presidente, che parla spesso a colpi di ultimatum, ce n’è un’altra — silenziosa, pragmatica, determinata — che lavora sulla ricostruzione e sulla tenuta economica dell’Ucraina. Non una correzione di rotta, ma un equilibrio necessario: diplomazia che, prima di alzare i toni, costruisce ponti.

