Riceviamo e volentieri pubblichiamo 

Il Domani d’Italia ha recentemente pubblicato un intervento dell’amico Ettore Bonalberti di cui è necessario cogliere le posizioni costruttive. Al tempo stesso, merita delle precisazione, oltre che delle correzioni. Ettore, infatti, non è stato adeguatamente informato sul percorso da noi avviato con il lancio del Manifesto e sui suoi ulteriori sviluppi. Questa non è però una mancanza a lui addebitabile, bensì una carenza da parte di chi non gli ha prospettato nel modo adeguato ciò che ci riguarda. Chiarisco subito: i partecipanti al Manifesto non hanno mai deciso di chiamarsi Parte Bianca!

Bonalberti e tutti gli amici che hanno dato vita alla Federazione dc aspirano alla ricostruzione di un’area in cui possano confluire  “forze moderate e centriste “. Per questo fa un appello anche a noi di Politica Insieme e a quanti hanno contribuito al lancio del Manifesto, oramai pubblicamente collegato al nome di Stefano Zamagni.

E’ importante chiarire che, così come la cosa è presentata da Ettore, emerge lampante la diversità d’impostazione data a due progetti che hanno sicuramente dei punti in comune, ma anche profonde differenze nella costruzione logica, negli accenti  e, soprattutto, nel metodo. 

La Federazione dei democristiani parte dall’assunto di creare un “centro” come se questo fosse di per sé unica questione assorbente e dirimente. 

Pure noi crediamo che sia necessario dare vita a una “centralità” di posizioni, cui concorrano credenti e non credenti, con l’obiettivo di partecipare a un’evoluzione del sistema politico italiano. Esso è costretto in una camicia di forze che porta, in realtà, a far svolgere un ruolo determinante alle posizioni più estreme che, poi, opportunisticamente, di volta in volta si presentano come centrosinistra o centrodestra. I risultati dei 25 anni appena trascorsi è  che il Paese si è progressivamente ritrovato in uno stato semi comatoso, le istituzioni e la struttura di gestione delle diverse articolazioni dello Stato vivono una drammatica crisi di funzionalità e di rappresentatività, l’Italia si rintraccia abbastanza ignorata sul grande scenario internazionale e non riesce a giocare in Europa il ruolo che dovrebbe esercitare. Poi, c’è tutto il resto: giustizia, scuola, economia, ritardo nel campo scientifico e dell’innovazione, marginalizzazione delle autonomie amministrative e delle organizzazioni rappresentanti i corpi vitali della società. Insieme ad altro, sono cose di cui parliamo da tempo e, quindi, diamole per elencate.

Per questo abbiamo lanciato il Manifesto. Vogliamo dare vita a un “nuovo” soggetto politico per avviare un progetto di trasformazione di cui gli italiani hanno bisogno e che, a partire dall’ampio e silente mondo cattolico, costituisca un motivo d’impegno pubblico condiviso e porti sempre più larghe parti dell’elettorato a fuoriuscire dall’astensionismo.

Facciamo tutto questo pensando agli atti notarili che danno vita ad un qualcosa di originale e innovativo? Davvero dopo l’esperienza di Todi, crediamo ancora nel mettere verticisticamente insieme dei gruppi, spesso limitati a “leader” senza truppe? Oppure, che solamente facendo una sommatoria apicale, pensando magari a una “federazione” di associazioni e di gruppi consolidati, ma ai più sconosciuti, andremo oltre quei recenti fallimentari tentativi che hanno visto alcuni amici impegnati alle europee e nelle suppletive del primo collegio di Roma? Questa non è fare politica. Può apparire invece velleitarismo. Soprattutto, se sono perpetuati i vizi chiaramente emersi nel corso di quella che chiamiamo la stagione della cosiddetta “diaspora”.

Diciamoci con franchezza le cose come stanno. La Federazione degli amici dc va verso le elezioni regionali pensando a liste che finiranno per schierarsi in alcune regioni nel centrodestra. Così come altri personaggi, anche autorevoli, hanno già raggiunto accordi con il centrosinistra in altre. Ci viene spiegato che questo è necessario perché nel Veneto vince sicuramente il leghista Zaia e in Campania finirà per trionfare il Governatore De Luca. Ma è questo un modo serio e credibile per presentarsi dinanzi agli italiani e dire loro che si vuole dare vita a “un partito di ispirazione cristiana impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” le indicazioni delle ultime encicliche sociali della Chiesa cattolica, che rappresentano la risposta più approfondita e avanzata ai grandi problemi della globalizzazione”, come giustamente indica Bonalberti?

Può una valutazione d’opportunità, facilmente giudicabile opportunismo, costituire il punto di partenza per un qualcosa di veramente nuovo? Noi di Politica Insieme crediamo di no. E’ per questo che riteniamo indispensabile sottolineare la nostra decisa scelta per l’autonomia e indicare i contenuti di proposta politica programmatica destinate a qualificare ciò che sostanzia l’essere alternativi sia al centrodestra, che oggi è soprattutto destra, sia al centrosinistra, che è in realtà radicalismo di massa e del tutto indifferente alle questioni etiche che i cattolici al suo interno non riescono a far prendere in considerazione.

Ecco perché stiamo lavorando all’organizzazione di un’Assemblea costituente cui parteciperà gente nuova, intenzionata a definire la presenza dei cattolici democratici nella dinamica pubblica con una loro specifica caratura attorno cui, siamo certi, è possibile creare l’adeguata convergenza e partecipazione anche da parte di tanti laici.

E’ importante per noi seguire un metodo che assicuri non tanto la partecipazione dei soli vertici dei gruppi e delle associazioni concorrenti al comune percorso, bensì quella del patrimonio umano e di competenze espresso localmente, i singoli ( tra l’altro andiamo a dare vita a un partito che dovrà essere composto sulla base di coinvolgimento personale e non su quello di organizzazioni esistenti dalla fisionomia talora persino indefinita). E’ importante ricordare che crediamo nel metodo della collegialità, estranei come sia ad ogni idea che una forza politica debba avere a tutti i costi “l’uomo solo al comando”. Non ci manca il leader, perché crediamo in una leadership allargata.

A partire dal nome del “nuovo” soggetto, tutte le decisioni dovranno essere assunte attraverso un voto che l’Assemblea esprimerà sancendo così la nascita di un’entità politica pienamente responsabile di se stessa, e solo di se stessa. Quindi, ciò che è in procinto di nascere è un qualcosa di davvero democratico, radicato nei territori e che non scopre l’autonomia all’indomani di insuccessi elettorali leggibili come un ripiego necessitato perché si sono sempre più ridotti il ruolo e l’importanza riconosciute in accampamenti altrui. Ecco perché l’Assemblea costituente vedrà riuniti soprattutto coloro che credono e praticano già oggi l’autonomia.

Starà poi al nuovo partito riallacciare rapporti, verificare la serietà e la coerenza delle intenzioni, valutare il reale contributo di chiede di aggiungersi, evitando ogni riciclo e ambiguità da parte di vecchio personale politico.

La vera “federazione” che abbiamo in mente di realizzare è quella della ricostruzione nella società del raccordo con e tra le tante espressioni vitali del tessuto civile, imprenditoriale, del mondo del lavoro, di chi lavora nel digitale e nel campo della formazione scolastica e universitaria. Realtà oggi comunque operanti, ma in completa disconnessione con le forze che compongono l’attuale quadro politico. Non ci si può presentare al loro cospetto con accordi precostituiti e con metodi definitivamente seppelliti nel corso del crepuscolo di precedenti esperienze vissute in politica dai cattolici.