Bruxelles, 5 nov. (askanews) – Che cosa contiene il complicato compromesso sul clima che il Consiglio Ambiente dell’Ue ha raggiunto nelle prime ore di stamattina a Bruxelles, dopo oltre 20 ore di negoziati (soprattutto mediante incontri bilaterali della presidenza di turno danese con i ministri dei diversi paesi membri)?
1) I nuovi obiettivi climatici Innanzitutto, l’accordo permette all’Ue di non presentarsi ‘a mani vuote’ alla trentesima conferenza delle parti (Cop30) della Convenzione di Parigi contro il cambiamento climatico, che si terrà a breve, dal 10 al 21 novembre, a Belém, in Brasile; e questo è un risultato certamente positivo, riconosciuto anche delle Organizzazioni ambientaliste, come ad esempio il Wwf o il World Resources Institute, molto critiche invece su altri aspetti della posizione adottata dal Consiglio.
Rispetto ai due obiettivi di riduzione delle emissioni su cui gli Stati membri dovevano pronunciarsi e impegnarsi a raggiungere, non ci sono state grandi sorprese: da una parte, il Consiglio ha sostanzialmente confermato la proposta di modifica della ‘Legge sul clima’ che la Commissione aveva presentato a luglio per fissare il nuovo obiettivo per il 2040 (-90% delle emissioni rispetto al livello del 1990); dall’altra, i ministri hanno approvato il ‘contributo determinato a livello nazionale’ (Ndc), che i paesi firmatari della Convenzione di Parigi devono aggiornare ogni cinque anni, e che questa volta riguarderà il 2035. Su questo punto, è stata confermata la ‘forchetta’ indicativa di riduzione delle emissioni, tra il 66,3% e il 72,5%, sempre rispetto al 1990, che era già stata proposta in un precedente Consiglio Ambiente il 18 settembre
La soglia più bassa corrisponde al taglio delle emissioni che si raggiungerebbe con un percorso di riduzione lineare tra l’obiettivo già fissato per il 2030 (-55%) e quello finale del 2050 (zero emissioni nette, ovvero riduzione del 100%). La soglia più alta tiene conto, invece del taglio ulteriore delle emissioni che si otterrebbe al 2035 con l’effettiva e piena applicazione della riduzione del 90% al 2040.
La ‘forchetta’ è stata una soluzione negoziale che ha permesso di evitare possibili veti, in particolare dall’Ungheria, per una decisione (quella sull’Ndc da presentare nel quadro della Convenzione di Parigi) che richiede l’unanimità, al contrario delle altre decisioni in campo climatico e ambientale, che si prendono a maggioranza qualificata. In realtà, sottolineano le organizzazioni ambientaliste, il 72,5% sarebbe il minimo per mantenere una traiettoria lineare verso l’obiettivo del 2050, senza dover imprimere una troppo brusca e costosa accelerazione finale.
2) I ‘crediti di carbonio’ internazionali La prima concessione ai paesi, Italia in testa, che volevano più ‘flessibilità’ sul modo di raggiungere gli obiettivi climatici è stato l’aumento dal 3% al 5% (rispetto alla proposta originaria dalla Commissione) della soglia massima delle ‘compensazioni internazionali’ che potranno essere usate per raggiungere l’obiettivo Ue del 90% al 2040, attraverso l’acquisto di ‘crediti di carbonio’ certificati dall’Onu, che finanzieranno delle riduzione delle emissioni attraverso, ad esempio, il passaggio dall’uso di fonti fossili alle energie rinnovabili, o la riforestazione in paesi extra Ue. Il nuovo sistema dei crediti internazionali sarà applicato pienamente dal 2035, con una fase pilota dal 2031 al 2035.
3) Le ‘compensazioni interne’ Su richiesta dell’Italia, ma appoggiata da diversi altri paesi, l’accordo prevede anche la possibilità, per gli Stati membri che vorranno ricorrervi, di utilizzare dei ‘crediti di carbonio’ internazionali anche per contribuire, sempre con una soglia massima del 5%, al conseguimento degli specifici obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni che verrà assegnato a ogni Stato membro nel quadro del cosiddetto ‘effort sharing’, la condivisione dello sforzo.
In questo caso, la soglia massima del 5% non si somma al 5% dei crediti internazionali relativi all’obiettivo europeo, gli obiettivi nazionali di riduzione riguardano solo i settori non industriali o energetici, che non sono coperti dall’Ets (il sistema europeo del commercio dei permessi di emissioni). La somma dei target nazionali, infatti, rappresenta circa poco più del 40% dello sforzo complessivo europeo di riduzione delle emissioni (l’obiettivo -90% al 2040). Inoltre, è probabile che solo una parte degli Stati membri farà ricorso a questo strumento volontario, che comunque ha i suoi costi. Secondo alcune stime citate da fonti del Consiglio Ue, il peso effettivo di questi crediti di carbonio per uso nazionale sarebbe limitato a non più dell’1-2 per cento del totale delle emissioni da ridurre entro il 2040. Le richieste degli Stati membri di poter far uso di questo strumento saranno esaminate nell’ambito della revisione degli obiettivi climatici prevista ogni cinque anni.
4) Clausole di revisione e di valutazione E’ un punto che era stato esplicitamente richiesto dai capi di Stato e di governo nel Consiglio europeo del 23 ottobre: una ‘clausola di revisione’ per valutare periodicamente l’avanzamento lungo il percorso verso gli obiettivi climatici, e l’eventuale opportunità di modifiche, adattamenti o forme di sostegno in caso di difficoltà. L’accordo prevede che, a partire da un anno dopo l’approvazione, la Commissione valuti e riferisca ogni due anni ‘in merito all’attuazione degli obiettivi intermedi e delle traiettorie di decarbonizzazione stabiliti’, tenendo conto ‘delle più recenti evidenze scientifiche, dei progressi tecnologici e dell’evoluzione delle sfide e delle opportunità per la competitività globale dell’Ue’.
Questa valutazione con scadenza biennale, che ‘può essere corredata, se del caso, da proposte legislative’, si aggiunge alla già prevista revisione ogni cinque anni, che presuppone la possibilità di modificare gli obiettivi climatici prefissati, se occorre, in un senso o nell’altro.
5) ‘Freno d’emergenza’ per i ‘carbon sink’ Su richiesta francese, è stato concordato che durante le revisioni quinquennali la Commissione, che le conduce, valuti anche eventuali modifiche della legislazione Ue riguardo all’obiettivo climatico del 2040, ‘tenendo conto anche della diminuzione della capacità’ dei pozzi di assorbimento naturale del carbonio (‘carbon sink’). In altre parole, in caso di emergenza (come un disastro naturale), bisognerà valutare l’impatto di una eventuale ridotta capacità naturale di rimozione del carbonio, in particolare nell’uso dei suoli e nella gestione delle foreste, nel paese interessato.
6)Rinvio di un anno dell’Ets2 L’accordo tra i ministri dell’Ambiente prevede lo slittamento di un anno, dal 2027 al 2028, dell’entrata in vigore dell’Ets2, il nuovo, controverso sistema di permessi di emissioni di CO2 che dovranno acquistare i fornitori di combustibili per i trasporti su strada, per il riscaldamento domestico e per le Pmi. Molti Stati membri, come è risultato evidente nel dibattito tra i leader dell’ultimo Consiglio europeo, temono fortemente il malcontento sociale che sarà causato dal conseguente, inevitabile aumento dei costi dei carburanti e delle merci per imprese e famiglie.
L’Ets2 è destinato comunque a finanziare il nuovo ‘Social Climate Fund’, che mira a sostenere le fasce sociali più sfavorite dalla transizione energetica. Era già previsto che Il finanziamento del Social Fund iniziasse nel 2026, con un anno di anticipo rispetto all’entrata in vigore dell’Ets2, e che si dovesse attingere per questo, provvisoriamente, alle entrate dell’attuale Ets. Ora bisognerà raddoppiare a due anni la durata di questo finanziamento provvisorio. Ma allo stesso tempo la Commissione sta studiando possibili modifiche all’Ets2 che ne mitighino al massimo gli effetti sul rincaro dei prezzi dei carburanti, in una situazione in cui resta ancora troppo caro, più in generale, il prezzo dell’energia nell’Ue.
6) Un futuro per i biocarburanti Come ha detto, con soddisfazione, il ministro italiano dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, incontrando i giornalisti stamattina a margine del Consiglio, ‘per la prima volta si portano in una proposta normativa i biocarburanti’, con la prospettiva di continuare a utilizzarli dopo il 2030.
E’ una richiesta che il governo italiano sostiene da anni, in prima linea, e che all’inizio la Commissione aveva ignorato, esprimendo solo una apertura possibilista ai carburanti sintetici. Ora, dopo che Ursula von der Leyen aveva menzionato esplicitamente, per la prima volta, i biocarburanti nella sua lettera ai capi di Stato e di governo in vista del Consiglio europeo del 23 ottobre, si apre finalmente la prospettiva di prevederne l’uso anche in vista della scadenza del 2035, anno in cui potranno essere immesse sul mercato Ue solo veicoli a ‘zero emissioni nette’. L’aspettativa è che questo sia esplicitamente previsto nella revisione del regolamento sulle emissioni di CO2 dei veicoli, quello che ha fissato appunto l’obiettivo per il 2035. Una revisione che la Commissione, sollecitata dagli Stati membri e dall’industria automotive, ha promesso di anticipare al dicembre 2025, un anno prima del previsto.
7)Più tempo per le quote di emissioni gratuite C’è, infine, un punto che riguarda i permessi di emissione gratuiti concessi finora, nell’ambito dell’Ets, alle industrie ad alto consumo energetico, o per le quali è difficile la sostituzione con fonti non fossili (‘hard to abate’). La questione è collegata all’entrata in vigore graduale, a partire dal 2026, del Cbam (‘Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera’), i nuovi ‘dazi climatici’ sulle importazioni nell’Ue dei prodotti di alcuni comparti ad alta intensità energetica (cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno). Il meccanismo mira a compensare lo svantaggio sui mercato Ue delle imprese europee, rispetto ai prodotti importati da paesi in cui non si applicano normative per l’acquisto dei permessi di emissione analoghe al sistema Ets.
Parallelamente all’attuazione del Cbam, si prevedeva che venissero gradualmente soppresse le quote di emissioni gratuite di cui dispongono le industrie energivore europee, con una eliminazione progressiva dal 2026 al 2034. L’accordo dei ministri dell’Ambiente prevede ora che i permessi di emissione gratuiti siano eliminati ‘a un ritmo più lento, a partire dal 2028’, e senza data finale.
Il testo di compromesso, che il commissario europeo responsabile per la Politica climatica Wopke Hoekstra ha giudicato ‘eccellente’, è stato alla fine approvato a maggioranza qualificata, con il voto contrario solo di Polonia, Ungheria e Slovacchia, e con l’astensione di Belgio e Bulgaria.
Adesso si attendono la discussione e il voto da parte del Parlamento europeo sul testo del regolamento modificato per la legge sul clima approvato dal Consiglio Ue. Un primo dibattito tra gli eurodeputati della commissione Ambiente è previsto già la settimana prossima. Poi dovranno esserci un voto in plenaria e i negoziati dell ‘trilogo’ con il Consiglio e la Commissione, prima dell’approvazione finale.

