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Approvato il decreto legge, ecco come il governo ha corretto (con 245,5 mln) la norma sugli acconti Irpef

Roma, 22 apr. (askanews) – Gli acconti Irpef per il 2025 saranno calcolati in base alle tre aliquote Irpef che oggi regolano il sistema dell’imposta sui redditi, e non in base alle precedenti quattro aliquote. Lo prevede il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri che corregge una ‘incongruenza’ della normativa. Un provvedimento che alleggerisce gli acconti Irpef e che si è reso urgente anche in vista delle dichiarazioni precompilate che l’Agenzia delle Entrate metterà a breve a disposizione.

Con il decreto, quindi, si modifica la disciplina per la determinazione degli acconti, dopo che l’ultima legge di bilancio ha reso strutturale la riduzione delle aliquote da quattro a tre. “Il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento per chiarire le regole sulla determinazione degli acconti irpef 2025. La nuova disposizione conferma che i lavoratori dipendenti e i pensionati senza redditi aggiuntivi non dovranno versare alcun acconto irpef per il 2025, evitando così qualsiasi aumento del carico fiscale”, ha dichiarato Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e delle Finanze.

“L’intervento si è reso necessario – spiega Leo – per correggere un difetto di coordinamento tra il decreto legislativo del 2023, attuativo della delega fiscale, che prevedeva per il solo 2024 la riduzione delle aliquote Irpefda 4 a 3 e la legge di bilancio 2025 che ha reso strutturale la predetta riduzione di aliquote”.

“L’obiettivo è sempre quello di tutelare i contribuenti e garantire una corretta applicazione della riforma fiscale. Abbiamo approvato il nuovo provvedimento in tempo utile per assicurare che non vi siano errori nei prossimi versamenti o nella compilazione delle dichiarazioni dei redditi” conclude il viceministro che esprime “soddisfazione per la prontezza con la quale il governo ha risolto la questione”.

La correzione degli acconti irpef 2025, calcolati su tre aliquote anzichè quattro, e l’aumento della soglia di reddito della no tax area per i lavoratori dipendenti, anch’essa compresa nel decreto approvato oggi dal Conmsiglio dei Ministri, ha un costo pari a 245,5 milioni di euro. Nel complesso, a beneficiare dell’intervento sono essenzialmente lavoratori dipendenti e pensionati. I lavoratori autonomi, infatti, con redditi fino a 85.000 euro, hanno per larga parte optato per la flat tax, che non prevede l’applicazione delle aliquote progressive.

“Attendiamo la pubblicazione del provvedimento approvato in consiglio dei ministri, ma se, come annunciato, risolverà la questione degli acconti Irpef e delle detrazioni, consentendo che siano calcolati sulla base della normativa attuale e non di quella abrogata, che avrebbe costretto lavoratori e pensionati a pagare somme non dovute, saremmo di fronte a una buona notizia per chi vive di salario o di pensione”, ad affermarlo il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, e Monica Iviglia, presidente del consorzio nazionale Caaf.

“Era questo l’obiettivo della denuncia di Cgil e Caaf – dicono – siamo soddisfatti di aver difeso i diritti delle persone che rappresentiamo. C’è però un altro impegno che si era assunto il Governo: rimediare all’ingiustizia che stanno subendo i redditi tra 8.500 e 9.000 euro annui che, a causa del meccanismo scelto per fiscalizzare il cuneo contributivo, stanno perdendo, a partire da gennaio, circa 100 euro al mese. Sollecitiamo nuovamente l’esecutivo a intervenire per risolvere questo problema”.