Un tema decisivo, spesso banalizzato
L’astensionismo è ormai uno dei dati strutturali della vita democratica italiana ed europea. Se ne parla molto, spesso in modo frettoloso: come segno di protesta indistinta, come rifiuto della politica, talvolta come “nuovo partito” silenzioso.
Proprio contro queste semplificazioni si muove l’articolo “Gli astensionisti”, firmato da Vittorio Mete e Dario Tuorto, pubblicato su il Mulino, che merita di essere letto e discusso per la serietà dell’impianto analitico.
Una galassia, non un blocco politico
Il primo merito del contributo è quello di smontare con decisione l’idea del cosiddetto “partito degli astensionisti”. Chi non vota, spiegano gli autori, non costituisce un soggetto omogeneo, né sul piano sociale né su quello politico.
L’astensione è piuttosto una galassia di comportamenti diversi: c’è chi non vota per disillusione, chi per disinteresse, chi per difficoltà materiali, chi in modo intermittente, alternando partecipazione e assenza alle urne.
In questa prospettiva, l’astensionismo non è una scelta politica coerente, ma il risultato di fattori molteplici che cambiano nel tempo e nei contesti.
Le cause: istituzioni, politica, società
Mete e Tuorto ricostruiscono il fenomeno richiamando la letteratura sociologica e distinguendo tre ordini di cause.
Da un lato, fattori istituzionali: regole elettorali, modalità di voto, complessità o accessibilità delle procedure.
Dall’altro, fattori politici: la qualità dell’offerta, la percezione della posta in gioco, la credibilità dei partiti.
Infine, fattori sociali e personali: livello di istruzione, integrazione sociale, reti relazionali, senso di efficacia politica.
È dall’intreccio di questi elementi – e non da una singola ragione – che nasce la rinuncia al voto.
Una questione democratica, non solo numerica
L’articolo insiste su un punto centrale: l’astensionismo non è solo un problema di percentuali, ma di rappresentanza e disuguaglianza democratica.
Quando a non votare sono soprattutto alcuni gruppi sociali o alcuni territori, il rischio è quello di una politica sempre più distante da chi resta ai margini, con un circolo vizioso che indebolisce ulteriormente la fiducia nelle istituzioni.
Un invito alla lettura
Proprio per questo il contributo de il Mulino si segnala per il suo tono equilibrato e non ideologico. Non propone ricette miracolistiche, né scorciatoie populiste. Invita piuttosto a capire prima di giudicare, distinguendo tra facilitazione del voto e ricostruzione di un rapporto di fiducia tra cittadini e politica.
P.S. Per chi voglia approfondire con serietà il tema dell’astensionismo, l’articolo di Vittorio Mete e Dario Tuorto rappresenta una lettura utile e ben documentata.
Il testo è disponibile sul sito della rivista il Mulino a questo link: Gli astensionisti

