L’incertezza che viviamo, in maniera sempre più diffusa, può provocare sbandamento, angoscia, instabilità. Ma può essere anche occasione generativa di consapevolezza e di crescita individuale e collettiva, se la si sa attraversare facendone esperienza. L’editoriale appare sul n. 85 della rivista (gennaio-marzo 2022 – anno XXII).

Gabriele Gabbrielli

Il tempo che viviamo ha diverse sfaccettature, dipende dalle prospettive e dalle sensibilità con le quali lo si guarda. Ce n’è una, forse, più prepotente delle altre: è quella che guarda al tempo come dimensione nella quale tutto ci sfugge di mano, non riuscendo a star dietro alla velocità dei cambiamenti che ci propone. Ogni cosa ci appare fragile e al tempo stesso sproporzionata rispetto alle nostre capacità. Tutta la società così diventa accelerata, popolata da donne e uomini che corrono, si incrociano senza toccarsi, procedono con lo sguardo rivolto a terra.


Non c’è tempo per alzarlo, si teme lo sguardo dell’altro e si tira dritto. Ciascuno per sé. Connessi ma isolati. È il tempo in cui le relazioni diventano altro: si digitalizzano, perdono sostanza preferendo una leggerezza senza responsabilità, sfumano ed evaporano come acqua al sole. La pandemia ci ha fatto toccare con mano il distanziamento sociale e le sue implicazioni. Un contesto nel quale la solitudine irrompe, senza fare distinzioni, nella vita rumorosa dei più giovani e in quella silenziosa e ritirata degli anziani.

 

Nel cuore delle persone, allora, pulsano con forza domande come queste: dove sto correndo? Che senso ha questo vivere affaticato e triste? Come stanno i miei figli e cosa pensano? Sono felici? E gli altri dove sono finiti? Quando li ho persi di vista? Tutto, così, pren- de il colore dell’incertezza con le sue variegate tonalità: paura, ansia, solitudine, pessimismo, apatia, immobilismo, chiusura, depressione. Solo per richiamarne alcune. Nel lavoro poi il senso di incertezza eccessivo e diffuso, causato da molteplici fattori come riorganizzazioni repentine, modelli di leadership che tengono costantemente sotto pressione le persone, ruoli che frantumano i contenuti del lavoro rendendoli elementi da ricomporre flessibilmente, diventa fonte di disadattamento, terreno nel quale crescono burn-out e stress profes- sionale. Le implicazioni sulla salute sono numerose.

 

L’incertezza, evidentemente, è categoria complessa e multidimensionale. Quando la viviamo percepiamo un senso di sbandamento perché tutto si muove, si alimenta un senso di instabilità che crea quel profondo disagio che si prova quando tutto sembra fuori controllo e dalla nostra portata. La vita allora sembra sfuggirci di mano generando uno stato d’animo terribile. Si fa avanti una tentazione: quella di dire che non possiamo fare nulla perché non abbiamo risorse e appigli a cui aggrapparci per rimanere sal- di nell’incertezza, non riusciamo a trovare un riparo sicuro per attraversare quest’epoca terremotata. L’incertezza, così, compie l’ultimo atto della sua parabola discendente: inscrive un’ipoteca sulla vita e sul futuro. Diventa oltremodo insidiosa quando non è governata, ci strattona violentemente inducendo a pensare che non possiamo fare niente. Da questa prospettiva l’incertezza e le credenze che genera abbassano le nostre difese immunitarie fino a farle precipitare a livelli insostenibili.

 

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