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martedì, Aprile 29, 2025
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Bankitalia: Bitcoin e cripto valgono 2.750 mld, rischi stabilità

Roma, 29 apr. (askanews) – “La forte espansione di Bitcoin e delle altre criptoattività caratterizzate da un’elevata volatilità delle quotazioni comporta rischi non solo per gli investitori, ma potenzialmente anche per la stabilità finanziaria, alla luce delle crescenti interconnessioni tra l’ecosistema di queste attività, il settore finanziario tradizionale e l’economia reale”. Lo rileva la Banca d’Italia in un riquadro di analisi inserito nel Rapporto sulla stabilità finanziaria.

Secondo l’analisi, il valore di mercato delle criptoattività, già cresciuto nel corso del 2024, è ulteriormente aumentato dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e l’annuncio di iniziative volte a rafforzare l’adozione di strumenti digitali denominati in dollari da parte della nuova amministrazione. Poi è ridisceso, “portandosi alla fine di marzo a 2.750 miliardi di dollari”.

“Oltre il 60 per cento del mercato è rappresentato da Bitcoin e il 30 da altre criptoattività non garantite da attività sottostanti (unbacked crypto-assets). Solo il 9 per cento – rileva Bankitalia – è costituito da stablecoin”, attività digitali emesse da entità che ne ancorano il prezzo a valute tradizionali di riferimento.

Secondo l’analisi “alcuni operatori stanno ridefinendo i propri modelli di attività e le proprie scelte finanziarie, orientandosi maggiormente sulle criptoattività. Secondo le informazioni riportate da siti specializzati, una quota elevata di Bitcoin sarebbe detenuta da emittenti di exchange traded funds (Etf) e dalle tesorerie di alcune società non finanziarie. In particolare, l’investimento da parte di queste ultime è realizzato nella convinzione che Bitcoin possa sostenere le proprie quotazioni, esponendole tuttavia alla sua marcata volatilità di prezzo”.

Una quota rilevante di Bitcoin è poi detenuta “da imprese operanti esclusivamente nel settore delle attività digitali”, come le piattaforme di scambio “che, non essendo sottoposte a specifici requisiti di governance, possono essere soggette a rilevanti conflitti di interesse. Tre quarti di queste imprese hanno sede negli Stati Uniti; alcune si trovano inoltre in Cina, Canada e Regno Unito. La loro presenza nei paesi dell’area dell’euro è al momento trascurabile”, si legge. Nel frattempo il crescente interesse di banche e altri intermediari verso soluzioni tecnologiche a registri distribuiti e a infrastrutture globali decentrate potrebbe aumentare il ricorso a criptoattività sia per operazioni finanziarie tradizionali, sia per l’emissione di strumenti e servizi innovativi, anche attraverso l’interazione con le grandi aziende tecnologiche (BigTech).