Roma, 29 apr. (askanews) – Anche la Banca d’Italia lancia un monito sulle stablecoin. Da un lato la concentrazione di strumenti di questo genere basati sul dollaro potrebbe diventare un fattore di squilibrio, con ricadute per l’intero sistema finanziario globale. Dall’altro, l’eventuale offerta di Stablecoin in euro da parte di entità o banche americane potrebbe sostituire gli attuali sistemi di pagamento con ricadute “per la stessa sovranità monetaria”. Lo si legge in un riquadro di analisi inserito nel Rapporto sulla stabilità finanziaria dell’istituzione di Via Nazionale.
Il comparto delle stablecoin “si mantiene contenuto e fortemente concentrato in due specifici strumenti (Tether e USD Coin), ancorati al dollaro statunitense attraverso la detenzione da parte dei soggetti emittenti di riserve denominate nella medesima valuta. Uno scenario in cui stablecoin legate alla valuta americana assumessero dimensione sistemica – si legge – potrebbe determinare un’eccezionale domanda di titoli pubblici degli Stati Uniti, utilizzati come attività di riserva dagli emittenti. In caso di dissesto di uno di questi ultimi si potrebbe verificare una corsa ai rimborsi, con un repentino aumento delle richieste di liquidazione da parte dei detentori e con la vendita forzata delle attività di riserva; ciò provocherebbe tensioni sui mercati dei titoli pubblici americani e ripercussioni su altri comparti del sistema finanziario globale”.
Al tempo stesso, nell’area dell’euro “l’eventuale diffusione su larga scala di strumenti e servizi di pagamento basati su stablecoin in euro offerti da aziende o da banche americane, che potrebbero sostituire gli attuali strumenti al dettaglio paneuropei – dice Bankitalia – potrebbe avere implicazioni anche per il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e per la stessa sovranità monetaria”.
Secondo l’analisi gli sviluppi del mercato delle criptoattività e i relativi rischi saranno influenzati anche dall’evoluzione del quadro normativo, ancora fortemente disomogeneo tra aree economiche. “Negli Stati Uniti sono all’esame del Congresso alcuni disegni di legge”. Mentre nell’Unione europea il regolamento Mica (Markets in Crypto Assets Regulation) ha già definito un quadro normativo con l’intento di promuovere l’innovazione, tutelando allo stesso tempo la stabilità finanziaria e gli investitori.
I prestatori di servizi in criptoattività, devono infatti presidiare alcuni rischi cui sono esposti soddisfacendo requisiti in termini di capitale, governance e registrazione separata dei fondi della clientela. Data la complessità dei modelli operativi adottati, “tali requisiti andranno tuttavia rafforzati prevedendo anche presidi per i rischi tecnologico, di mercato, strategico e per quello di riciclaggio e finanziamento del terrorismo”.
Per l’emissione di stablecoin nell’Unione europea, Mica introduce un apposito processo autorizzativo, oltre a requisiti di natura organizzativa e prudenziale relativi tra l’altro alla gestione delle riserve, al monitoraggio delle transazioni e a possibili restrizioni alla quantità offerta. “Sono attualmente in corso approfondimenti sui modelli di business di operatori, anche di grande dimensione, che possono emettere la medesima criptoattività sia in Europa sia in giurisdizioni con regolamentazioni diverse da quella europea in materia di protezione degli investitori”.
In particolare, conclude lo studio di Bankitalia, sono oggetto di valutazione i rischi di compliance e di liquidità per il soggetto emittente, le possibili ripercussioni per gli investitori europei, nonché, più in generale, eventuali implicazioni per la stabilità finanziaria.
L’allarmismo sulle stablecoin e dei rischi che creano per la sovranità monetaria Ue sono tesi su cui da settimane martellano Bce e Commissione europea. Le istituzioni Ue puntano invece sull’euro digitale, che sarebbe una valuta digitale della Banca centrale, mentre pesano di rimettere mano alle normative Mica, che pure sono piuttosto recenti, a fronte dello spauracchio stablecoin.
Si assiste qui ad una delle diverse divergenze di scelte tra Stati Uniti ed Ue. Negli Usa avviene infatti praticamente l’opposto: è l’eccesso di controllo pubblico, che potrebbe ora essere rafforzato con le Cbdc, a creare repulsione a Washington. Tanto che la nuova amministrazione Trump ha vietato alla Federal Reserve, la Banca centrale Usa, di sviluppare un dollaro digitale e di usare le Cbdc. L’amministrazione Usa afferma invece di voler diventare il polo globale dei criptoasset e punta a favorire le stablecoin in dollari, anche per sostenere il ruolo internazionale del biglietto verde.