Milano, 26 ott. (askanews) – È il debutto al Teatro alla Scala per Barbara Hannigan, direttrice e soprano, da poco nominata accademica onoraria anche a Santa Cecilia: l’artista canadese dirige questa sera l’Orchestra Filarmonica in “Metamorphosen” per 25 archi solisti di Richard Strauss, e ne “La voix humaine”, tragedia in un atto di Francois Poulanc. In prova, la sua voce riempie il teatro, si fonde e si scioglie con il dramma del testo di Jean Cocteau, una donna che al telefono affronta l’abbandono dell’amante, di cui il pubblico può solo intuire le parole – qui con l’aiuto di una versione multimediale con regia e video firmati dalla stessa Hannigan con Denis Guéguin e Clemens Malinowski.
Ci dice: “La Filarmonica è fantastica, adoro fare musica con loro. Dal primo giorno, l’orchestra ha un suono e un respiro bellissimo, ascoltano profondamente, è stata una settimana molto positiva”. Hannigan ha cominciato a studiare musica a 5 anni, si è dedicata alla voce, ha lavorato nei più grandi teatri del mondo soprattutto con un repertorio contemporaneo, e da 15 anni ha cominciato anche a dirigere. Una formazione eterodossa, che, dice, l’ha aiutata: “se avessi cominciato studiando direzione d’orchestra non so se avrei avuto il coraggio di andare avanti. Invece ho cominciato a dirigere in teatri e con orchestrali che già mi conoscevano. Questo mi ha dato sul podio la sicurezza che ho anche come cantante”.
“Scelgo tutto quello che eseguo. Quando un’orchestra mi invita, invita solo me, e io scelgo il programma”. Le orchestre sono Santa Cecilia, adesso la Scala, ma anche i Berliner Philharmoniker, i Mnchner Philharmoniker, il Concertgebouw di Amsterdam, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la Prague Philharmonic Orchestra. Con un repertorio che la porta a dirigere Haydn e a cantare il jazz come anche Alban Berg e Debussy, e tanta musica contemporanea ‘classica’ scritta per lei.
In Strauss, in prova gli archi della Filarmonica della Scala sono caldi, avvolgenti, la direzione minuziosa e trascinante assieme. Ma è “La voix humaine” che il pubblico aspetta con più ansia, perché Hannigan canta, e questo spettacolo con cui gira da qualche anno (anche a Spoleto, e dopo la Scala lo porterà alla New York Philharmonic) è in versione multimediale con regia e video firmati da lei stessa con Denis Guéguin e Clemens Malinowski. “E’ un capolavoro” spiega, “perché l’unione del testo di Cocteau e della musica di Poulenc è un movimento continuo e non sappiamo quale sia la verità. Come cantante d’opera, come attrice, so che noi essere umani non diciamo sempre la verità, anzi quasi mai. Non sappiamo se la conversazione avvenga in tempo reale, o se sia frutto dell’immaginazione, o se sia una summa di tante storie diverse”. L’arte è trasmettere il pensiero che è dietro le parole esplicite; per questo i video che accompagnano lo spettacolo immaginano “una Elle in uno spazio di fantasia dove la protagonista può pensare anche di essere alla direzione di un’orchestra”.
Com’è dirigere e cantare insieme? Complesso. “Dico ai musicisti: dovete seguire la mia mano, non la mia voce. Anche io devo seguire la mia mano, così possiamo andare insieme. Si, è molto difficile. Super divertente!”.
Hannigan, 54 anni, con questa storia e questa vita così poco convenzionale (anche se lei insiste, “io faccio repertori tradizionali, quest’anno ho cominciato la stagione con la Quarta di Beethoven, poi “Così parlò Zaratustra” di Strauss, due settimane fa al Concertgebouw “Morte e trasfigurazione” sempre di Strauss”), è conscia di avere delle responsabilità: perché i giovani seguono i suoi concerti, e perché “devo accettare di essere un esempio, per i musicisti in genere, per qualunque persona creativa perché non sto nelle regole, e anche per il mio genere. Devo sapere come usare il potere che deriva da questo ruolo. Imparo mentre vado avanti”.
“Ho già diretto opere ma sulla scena, per esempio il Rake’s Progress di Stravinsky” dice infine. “Sto aspettando l’occasione giusta per dirigere un’opera dalla buca d’orchestra… quando le condizioni giuste si presenteranno, lo capirò”.
“Tornerò in Italia in maggio a Vicenza per un festival jazz”, promette, e gli occhi le brillano di anticipazione. “Adoro l’Italia, la sua bellezza, il cibo, e il pubblico”.

