Ieri era domenica, Festa del Corpus Domini, giorno solenne della liturgia cattolica. È accaduto di striscio qualcosa d’interessante, lontano dai canoni della ricorrenza religiosa, eppure meritevole di essere esaminato. Infatti, l’amena vocazione critica dei frequentatori di chat si è cimentata nel prendere di petto la presunta caduta di Pippo Baudo nella botola della nostalgia. Intervistato da Renato Franco per il “Corriere della Sera”, il vecchio principe dei conduttori televisivi ha confessato di sentirsi ancora un “democristiano doc”. Secca e pungente la battuta del giornalista: “Guardi che la Dc non esiste più…”. E secca, però, anche la risposta di Baudo: “Io penso che la Democrazia Cristiana sia la grande assente della politica, se ci fosse un vero leader di una Dc rinnovata avrebbe una grande possibilità di governare. Oggi la politica è molto confusa”.
In effetti, questo parlare della Dc è un esempio di nostalgia. La trappola, se il sentimento appare, può manifestarsi impietosa. Acuti osservatori rilevano che si maneggia il ricordo di un partito scomparso nel 1994. È passato un quarto di secolo, praticamente un’eternità: un giovane tra i venti e i trent’anni non ha memoria diretta di ciò che appartiene a questa storia. E allora? Data la premessa, è facilmente prevedibile la conseguenza. Mettersi a discutere di un’epoca morta, e soprattutto di un’entità defunta con essa, induce a pensare che dietro la nostalgia ci sia il vuoto. Baudo, come l’aitante Mercuzio nel Romeo e Giulietta di Shakespeare, deve infine tacere parché parla di nulla. Questa la sentenza, quasi ovvia nella sua semplicità di formulazione, che i critici hanno stilato. Si puô fare obiezione?
Sì, un’obiezione andrebbe fatta, perché tutto ruota attorno al truismo che imperversa nella politica esangue, perlopiù improvvisata, senza cuore e senza cervello, che tristemente occupa lo scenario del nostro presente. Andrebbe sollevato il velo d’ipocrisia che cela il bisogno di conoscenza e garantisce altresì la colpevole pigrizia intellettuale di molti. Ad essere onesti, una politica desiderosa di verità richiede sempre uno sforzo di analisi retrospettiva, per capire il passato e impostare il futuro. Senza questo esercizio ci si dimena nell’inferno dei luoghi comuni, delle banalità più o meno eleganti, degli sproloqui volgari. Asserire che la Dc ha rappresentato una “civiltà politica” – Follini dixit – non è di per sé censurabile, così da trovare riscontro nella lapidaria accusa di nostalgismo.
Sempre ieri, sulle pagine di “Repubblica”, Bob Dylan si è lasciato interrogare sul nostro tempo, dando risposte suggestive come solo un artista, premio Nobel per la letteratura, è in grado di fornire. A un certo punto Douglas Brinkley, che in origine ha raccolto l’intervista per il “New York Times”, ha chiesto ragione di quello che egli stesso definisce un “epico brano” (Murder most foul), della durata di 17 minuti, pubblicato su YouTube nei giorni più difficili della pandemia. Si tratta di una piccola opera che ha per tema l’assassinio del presidente John F. Kennedy. Ecco, allora, la domanda di Brinkley: “È stata scritta come una celebrazione nostalgica per un’epoca perduta?”. E di seguito la risposta del menestrello di Duluth: “Per me non è un pezzo nostalgico. Non lo vedo come una glorificazione del passato o come una specie di commiato da un’età perduta. È un pezzo che mi parla qui, nel presente. Ed è sempre stato così, soprattutto quando scrivevo il testo”.
Piace credere, dunque, che Bob Dylan metta a nudo, con questa sua replica, le false certezze degli anti nostalgici. Egli ritiene che parlare di Kennedy, assassinato nel lontano 1963, così da raccontare il dolore e lo smarrimento per un atto che ha violato in modo irrimediabile il “sogno americano”, equivalga a recitare una poesia con l’animo di chi avverte l’urgenza di questo ricordo, esattamente “qui, nel presente”. Nondimeno, forse, ha ragione Pippo Baudo nel fare memoria, con orgoglio, della sua appartenenza a una storia importante, quella della Dc. Insomma, egli ne ha celebrato la forte suggestione che appare felicemente imbrigliata, nonostante tutto, nei reticoli dell’attualità. Anche lui, nella stessa domenica del Corpus Domini, ha voluto battere un colpo, per attirare l’attenzione su ciò che manca alla politica odierna. La nostalgia di Baudo ha il fascino di una domanda inevasa.