Dopo il tweet del nostro Direttore Lucio D’Ubaldo, si è aperta una discussione sul futuro dell’Europa iniziata dall’amico Umberto Laurenti che, come nostra tradizione, proponiamo di seguito.

Carissimi,
credo stiate seguendo tutti le vicende legate all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
Ho abbastanza memoria, anche in virtù della mia partecipazione diretta alle vicende politiche europee degli anni ’70 , per ricordare quanto sia stata travagliata la storia della adesione e della permanenza all’Unione Europea, comunque con la conservazione della sterlina e non adozione dell’Euro. Qualcuno ricorderà che la Francia pose per tutti gli anni ’60 il veto all’ingresso britannico, determinando quindi un moto di soddisfazione da parte degli europeisti convinti, quando nel ’73 ci fu l’adesione, confermata dal voto degli elettori del Regno Unito nel ’75 e suggellato dalla partecipazione alle prime elezioni europee dirette nel 1979. Risente di tale clima sicuramente, la dichiarazione di Aldo Moro, richiamata recentemente da Lucio D’Ubaldo : “L’Europa non è l’Europa senza la Gran Bretagna”.
E tuttavia è stata sempre evidente la percezione da parte dell’opinione pubblica di una estraneità sostanziale dei cittadini del Regno Unito rispetto al “sentirsi europei”.
Ieri mi sono confrontato telefonicamente sull’argomento con il nostro Presidente Bassetti, da sempre, come noto, favorevole alla Brexit, al punto che mi ha detto: “bisogna suggerire al presidente del Parlamento Europeo Sassoli di non cavalcare l’onda del rimpianto e dell’accusa”.
Gli ho risposto che lo possiamo fare se come Italici gli forniamo una via onorevole ed innovativa per il superamento della querelle, e secondo me è la seguente: Prendiamo atto realisticamente della situazione e delle decisioni della Gran Bretagna, dalla quale c’è ora da attendersi una maggiore attenzione verso il Commonwealth, composto da 53 Nazioni con oltre 2 miliardi di abitanti. L’Europa, attraverso il suo massimo organo rappresentativo democratico, il Parlamento Europeo appunto, deve indirizzare la propria attenzione verso il Commonwealth, sposando lo schema ideale alla base del Progetto Italici, il dialogo e la collaborazione tra civilizzazioni. Della civilizzazione Europea noi Italici siamo partecipi consapevoli e protagonisti da sempre. La grande e composita civilizzazione Europea anziché inseguire con il rimpianto le bizze di un singolo Stato ex membro, rivolga la sua attenzione politica, culturale, valoriale, commerciale al Commonwealth delle 53 Nazioni, inaugurando così un nuovo percorso istituzionale multilaterale.
Tra l’altro, l’accettazione implicita del nostro  principio della “doppia appartenenza”, che consente agli Italici di sentirsi pienamente Europei, permetterà di vivere questo “status” ideale e culturale anche se non ancora giuridico-formale, pure ai cittadini maltesi, scozzesi, irlandesi e perché no anche britannici qualora un giorno volessero ripensarci.
Piero Bassetti ha sposato immediatamente questo mio approccio e mi ha chiesto di esplicitarlo. Mi rivolgo a voi, Soci Italici “pensanti” affinché mi diate una mano a stendere un documento presentabile. Grazie fin da ora. Umberto



Quella di Umberto è una riflessione “politica” che merita un approfondimento e che può costituire un importante punto di partenza nel dialogo da avviare anche in sede UE.

La civilizzazione europea è un mix di civilizzazioni: si tratta di un concetto ancora piuttosto astratto che va “creato” e reso “percepibile” ai cittadini del Vecchio Continente. Il Parlamento UE potrebbe effettivamente diventare, in prospettiva, il luogo dove, mediando tra queste diverse culture, si  prendono decisioni per creare e rafforzare una cultura europea e consentirle di dialogare, con adeguata autorevolezza, con le altre culture mondiali.

Con i rappresentanti del Parlamento di Bx si tratta di verificare l’interesse a sviluppare un percorso volto a creare dei “cittadini europei” partendo da aggregazioni non più di nazionalità ma di civilizzazioni !

In questo percorso vedrei, ad esempio, l’ipotesi di un “Erasmus per parlamentari nazionali” piuttosto che uno scambio temporaneo di esperti politici nelle Commissioni tecniche (ad es Ambiente e sostenibilità) delle varie Istituzioni rappresentative dei singoli paesi membri.
Avremo spero modo di tornare sull’argomento.
Grazie ancora Umberto !
Carlo