Roma, 24 ott. (askanews) – A Sassuolo l’ex presidente Uefa racconta la sua odissea giudiziaria: dieci anni di accuse infondate, tra amara ironia e dignità ritrovata
Un Teatro Carani gremito, anzi stracolmo, ha accolto “Le Roi” Michel Platini. L’ex presidente dell’Uefa è tornato davanti al pubblico stavolta non per parlare di calcio, ma di giustizia nell’ambito di un appuntamento speciale del Festival di Giustizia Penale di Sassuolo. Intervistato da Alvaro Moretti, vicedirettore de Il Messaggero, Platini ha raccontato con lucidità e una punta d’amara ironia la sua lunga battaglia: «Non avrei mai immaginato di essere ospite di un festival dedicato alla giustizia penale». Nel 2015 Platini era vicepresidente della Fifa e candidato naturale alla presidenza dopo le dimissioni di Blatter. Poi il crollo improvviso. «Non volevo diventare la guida del calcio mondiale per ambizione personale. Molti me lo avevano chiesto: avevo ricevuto centocinquanta lettere di sostegno da federazioni di tutto il mondo, la vittoria era certa», ha ricordato. «Ma quando ho deciso di candidarmi, è arrivato tutto il resto».
Il 15 settembre 2015, durante un comitato esecutivo Fifa, gli comunicarono che la Polizia voleva interrogarlo. «Pensavo si trattasse del Qatar, erano i mesi dello scandalo corruzione. Invece riguardava un pagamento ricevuto cinque anni prima. Io e mia moglie restammo senza parole: non era normale indagare su qualcosa di così lontano nel tempo e farlo in modo così plateale, davanti ai giornalisti». Da quel momento, dice Platini, si è abbattuta una “tempesta”: «Alcuni non mi volevano presidente della Fifa e misero in dubbio la mia integrità. Il pagamento era solo un pretesto. Alla fine la giustizia della Fifa si è rivelata una parodia: è stato dimostrato che avevano sbagliato tutto».
L’ex numero 10 della Juventus accoglie con un sorriso amaro l’accostamento al caso Dreyfus: «Forse il mio è stato il Dreyfus dello sport, ma non ci ho mai pensato troppo. Ho subito due processi: quello giudiziario e quello mediatico». Tra un ricordo e l’altro, c’è spazio anche per la memoria sportiva. «L’Inter mi voleva, ma non c’erano posti per stranieri. Poi arrivò la Juventus dell’avvocato Agnelli: fu la scelta giusta». Da dirigente, invece, Platini ha cercato di modernizzare il calcio europeo: «Abbiamo introdotto tre riforme fondamentali: vietato il retropassaggio al portiere, espulsione diretta per il fallo da dietro e palloni disposti intorno al campo. Il tempo effettivo di gioco è passato da 35 a 70 minuti. Prima, se a Napoli il pallone usciva dal campo, non lo trovavi più», scherza.
Sul rapporto con Sepp Blatter, Platini non ha esitazioni: «È stato un grande presidente, ma non ha saputo fermarsi al momento giusto. Gli ultimi anni sono stati catastrofici». Rivendica anche le sue decisioni sui Mondiali: «Nel 2010 votai per il Marocco, non per il Sudafrica. Per il 2022 scelsi il Qatar, e prima la Russia. Il mondo arabo aveva chiesto sette volte di ospitare la Coppa del Mondo, l’Est Europa mai. Il calcio deve appartenere a tutti».
Ad aprire la serata è stato Guido Sola, presidente del Festival di Giustizia Penale, che ha ricordato «il valore simbolico di un dialogo tra sport e giustizia». E il sindaco di Sassuolo, Matteo Mesini, ha aggiunto: «È un’emozione grande per la nostra città accogliere un campione come Michel Platini».

