È indubbio che la coalizione dei volenterosi, la linea politica lanciata da Carlo Calenda al congresso di Azione, che lo ha rieletto leader con percentuali (l’85%) che si addicono di più agli autocrati contro cui dovrebbe fare da scudo questa auspicata alleanza, eserciti un suo fascino soprattutto nell’area di centro e particolarmente fra i sostenitori del sistema elettorale proporzionale.
Al di là, però, di questa suggestione, non sembra intravedersi altro. Sia sul piano interno che su quello internazionale.
Il bipolarismo artificiale può piacere o no, ma è un fatto, e da trent’anni impedisce l’affermazione in Italia di coalizioni serie al di fuori dei due poli, che non siano populiste, come nel caso del breve exploit dei Cinque Stelle.
Basterebbe già questa constatazione a connotare la proposta di Calenda come velleitaria. Puntualmente i possibili soggetti di questa coalizione di volenterosi, i riformisti Pd e Forza Italia, hanno declinato l’invito, lasciando il povero Calenda in compagnia solo di Più Europa il cui abbraccio elettoralmente mortale con Italia Viva alle scorse Europee ha consigliato al partito di Renzi una futura inossidabile fedeltà all’alleanza con il Pd.
Perplessità ancora maggiori sulla linea avanzata da Calenda, emergono in politica estera. Potrebbe mai una futura alleanza di centro proporsi ai ceti popolari e alla classe media, strati sociali su cui peserebbero maggiormente gli oneri della guerra (la quale, come ci ricordano i numerosi teatri bellici in atto, continua ad essere, pur tra droni e intelligenza artificiale, terribilmente classista), come una coalizione equilibrata ed affidabile, capace di meglio rappresentare i loro interessi? Per non parlare del mondo cattolico, che per quanto composito e variegato, non sembra nutrire particolari entusiasmi per ottenere la pace in Europa attraverso la continuazione della guerra, che è la linea su cui si attesta lo stato guida della Coalizione dei Volenterosi, il Regno Unito e il suo fedele alleato nell’Ue, la Francia di Macron.
Probabilmente, in un tale complicato scenario, il compito del centro, specialmente di quello di cultura popolare e democratico-cristiana, è un altro. Non quello di mettersi l’elmetto per arruolarsi in un ossimoroso ma fattuale centro estremista, interventista, oltranzista, sognato da Calenda, ma quello di mediare. Non mediare per mediare, in una sorta di feticismo del metodo, forse utile in altri tempi, bensì quello di mediare secondo un progetto alimentato dall’europeismo vero e dall’autentico e attualissimo spirito costituzionale.
Consci che, anche sulla difesa, la via è quella indicata da Mario Draghi. Occorre, ad un tempo, esser consapevoli che per molti anni ancora esiste solo la Nato per la difesa europea, e iniziare subito a discutere di norme per la creazione e la gestione di un esercito e di un arsenale (anche atomico) governati dagli Stati Membri ma sovranazionali per modalità organizzative. E non di imbarazzanti e anacronistiche offerte di estensione dello scudo nucleare di Regno Unito o Francia, proprio quando quasi tutta l’Africa sta superando i residui vincoli con le ex potenze colonizzatrici, in favore di un rapporto paritario come quello proposto nel Piano Mattei. E tanto meno di un sempre pericoloso massiccio riarmo tedesco.
Un centro alla Calenda, che trovasse la sua ragion d’essere nella difesa strenua dell’unipolarismo (a dispetto anche del multilateralismo su cui sembrano avviati gli Stati Uniti, pur fra grandi incognite ed ambiguità), nella chiusura ai cambiamenti globali e nella inevitabiltà della guerra in Europa piacerebbe certo a quelli che, come il prof. Panebianco, propugnano la necessità di prepararsi alla guerra contro la Russia, giustificando la loro volontà di infliggerle una sconfitta strategica con una tutta da dimostrare volontà russa di invasione totale del nostro continente, e che stigmatizzano il mondo cattolico restio a considerare la guerra ancora come necessario mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali, arrivando persino a strumentalizzare la figura di De Gasperi, ma probabilmente costituirebbe una meschina rinuncia per quanti credono al ruolo del centro, a esercitare una precisa e importante responsabilità storica in questo complicato cambio di epoca a cui stiamo assistendo.