Il fatto che Matteo Salvini, come scrive Lucio D’Ubaldo, non abbia “esasperato i toni che appartengono di solito al vincitore” dimostra che il ministro dell’interno punta al centro. Le parole scelte da Salvini, e i suoi gesti, compresi le preghiere e i rosari sventagliati sulle piazze e in tv, confermano una certa impressione. Il successore di Umberto Bossi ha lavorato, con successo, ai fianchi di quell’elettorato cosiddetto moderato la cui esistenza è stata messa in discussione, e con buoni motivi, ma che pure c’è, e vota. Oggi per lui, Salvini. Un elettorato che si è trasformato negli anni reagendo in modo sempre più deciso contro le politiche sull’immigrazione dei governi precedenti l’attuale. Un elettorato che ha reagito negativamente verso le posizioni di papa Francesco senza tuttavia spogliarsi della sua identità cattolica. Insomma, gente che sta con chi fischia papa Francesco in piazza Duomo, disprezza come “buonismo” le soluzioni per realizzare l’accoglienza, ma gode della comprensione e del sostegno di certi vescovi e parroci che la pensano così. Un’Italia cattolica che non è quella della Dc, un’Italia sostanzialmente reazionaria della quale Salvini è il capo.
Il ministro dell’interno dirige queste anime e ne riceve il consenso. Sa, del resto, che a lui non andranno i voti dei Fratelli di Giorgia Meloni. È comprensibile dunque che esplori e accarezzi, con levità, senza “esasperare i toni”, le grandi potenzialità di un elettorato trascurato e tradito dopo la fine della Dc e stressato dalle pretese troppo forti perché troppo evangeliche di papa Francesco. Un popolo tradito dalle infinite peripezie e dalle prevedibili sconfitte dei vari leader centristi e dei loro partitini, ma anche deluso e sbandato da chi, nel nuovo centrosinistra dell’Ulivo, ha ceduto il trattino tra Margherita e Ds, riunendo il tutto in un partito, il Pd che ancora oggi fatica a darsi un’identità.
Il voto europeo ha radici lontane. In vista delle prossime elezioni, che forse saranno molto prossime, sarà bene prendere nota di questi dati e cercare di scomporli, a partire da quelli dell’ex centro che vota Salvini. Poi si può pensare alle novità che vengono dalle 5Stelle e da Berlusconi. Il Movimento di Casaleggio dovrà scegliere presto da che parte stare dopo che la sua esperienza di quest’ultimo anno di governo ha consumato la sua illusione di resistere a lungo nei panni dello Zelig politico. È già successo così in Spagna, culla del populismo in anni ormai lontani, risolvendosi nella scelta di due movimenti, uno a destra e uno a sinistra. Per Berlusconi infine, al di là delle parole, dei comunicati, delle dispute interne, quel voto, cinquecentomila preferenze, sono un premio alla carriera che potrà essere replicato: sappiamo bene quanto le care memorie possano motivare vecchi e nuovi aficionados politici. Il voto a Berlusconi, è però, se non soprattutto, un no al Salvini “uomo solo al comando”. E su questo vale la pena riflettere e lavorare. Chi deve farlo, pensando alle politiche.