C’è da un po’ di tempo un pensiero fisso nei commenti dell’esimio opinionista Giorgio Merlo che non lascia dubbi sulla torsione di strategia circa l’auspicato nuovo soggetto politico di area cattolica, a meno di non volerlo ritenere il frutto di una robusta dose di velleitarismo che in questi ultimi mesi sembra orientare i suoi sofismi dialettici.
Lo spunto, ancora una volta ce lo dà un recente articolo del 26 scorso, “Le novità del centro” su questo giornale. Inoltre ci offre l’opportunità di tarare quanto il velleitarismo riesca a incunearsi non solo nelle strategie di questi novelli leader politici.
Nella breve analisi, mi pare di vedere trascurati due fondamentali aspetti. Il primo: l’autore, in questo suo pseudo panegirico, sembra del tutto ignorare che FI, al di là delle apparenze di una sua artificiosa facciata democratica, resta pur sempre un partito padronale, sostenuto finanziariamente, nella gran parte del suo bilancio, dalla famiglia Berlusconi e quindi con interessi che talvolta non sono sovrapponibili alle aspettative di buona parte dei ceti meno fortunati.
L’altro aspetto, non dissimile, il calibrare le sue osservazioni (con un refrain che non invita di certo il lettore ad approfondire, tanto sembrano ripetersi i nuovi fondamenti delle sue tesi che facilmente offre il fianco alla facile critica) secondo una visione politica imbalsamata in una staticità degli assetti, rebus sic stantibus, oggi invece sempre più imprevedibili, già nel volgere di pochi anni.
Non si intravede invece una sia pur breve analisi delle evoluzioni, di cui un esponente politico che mira all’area cattolica deve essere protagonista sulla scorta di progetti politici che oggi le nuove sfide interne ed internazionali ci impongono fuori dalla dicotomia, destra-sinistra, ma che guardino e si pongano, pur non perdendo l’ancoraggio ai propri valori di riferimento, come promotori di nuove frontiere.
Insomma non andrebbe trascurato il rapido divenire del sistema politico oggi non in grado di catturare non più di metà di elettorato che va a votare e che passa da destra a sinistra con nonchalance.
In questo quadro non sembra avere, nei ripetuti commenti, tutto il focus critico che merita questo singolare disegno, che tenta di portare avanti FI (Tajani appare più esecutore di altri) nel chiaro obiettivo (essebdo comunque condivisibile l’intento di rendere giustizia a migliaia di immigrati di seconda generazione e riportare il rapporto Stato-Regione secondo Costituzione, in una visione di certo più moderata) di volersi porre come leader di un centro capace di ripristinare valori cattolici di cui Tajani non sembra essere coerente rappresentante, impegnato come è nel quotidiano ruolo di perfetto gregario di politiche oscurantiste, reazionarie e discriminatorie verso taluni ceti sociali.
Insomma non si può essere teneri verso tattiche che sotto il manto di prospettive poco praticabili e poco credibili servono solo a ingrossare elettoralmente le fila della maggioranza. E che sia un espediente di facciata, lo si coglie agevolmente ponendo mente alla netta ostilità degli altri partner di maggioranza.
Insomma da una parte una mossa piuttosto grossolana ma finalizzata ad accreditare una vocazione liberale, tesa a far breccia su un’area più ampia. Anche se l’elettorato per quanto liquido non è sicuramente disattento. E poi l’azione politica quotidiana che porta avanti Tajani non appare per nulla disallineata dai chiari propositi di destrutturare gli equilibri più delicati del nostro sistema istituzionale per sostituirli con un forte accentramento di poteri.
Ancor più singolare appare il commento che viene reiterato in data 28 agosto, laddove non si adombra nessuna prospettiva di intese con la parte riformista, cattolica e moderata delle forze progressiste, mentre non si delineano neanche marginalmente i tratti di una coalizione di governo che assedia ogni giorno diritti e principi costituzionali consolidati.
Così, se da una parte sembra insormontabile il ragionamento di netta chiusura verso l’area politica che impropriamente si etichetta di sinistra, come fosse un caleidoscopio di estremismi, ove campeggiano velleitarismo, massimalismo, radicalismo, fondamentalismo e populismo, senza lasciare alcuna chance a tutte quelle radici sottostanti che rappresentano nel partito della Schlein e non solo, culture, cattoliche, moderate e riformiste, come si riuscì nel passato, pur in coalizioni assai rischiose; altrettanto rigore argomentativo non si scorge nel categorizzare, nella breve disamina che ne fa l’autore, anche se allo stato delle cose ci sono solo dichiarazioni di Tajani e non intese formalizzate con esponenti del mondo cattolico.
Ecco quanto incredibilmente si legge nell’articolo citato (“Centro sinistra? Ormai è solo sinistra”): “…le forze, i movimenti e le culture centriste, riformiste, moderate e democratiche non possono che guardare altrove. Semmai, e questa rappresenta la vera sfida e scommessa politica dei prossimi mesi, si tratta di rafforzare un luogo politico che rappresenti autenticamente il Centro politico che poi, altrettanto naturalmente, si allei con altri partiti e altre culture politiche in grado di dare un governo stabile e coerente al nostro Paese. E questo è, oggi, il compito prioritario dei cattolici popolari e dei cattolici sociali che non si rassegnano a giocare un ruolo puramente ornamentale e del tutto periferico nella politica”.
Con tali prospettive sembra congiungersi la recente dichiarazione di Cuffaro (Nuova Dc), che per non lasciare equivoci e fraintendimenti ci delinea come debba intendersi oggi una connotazione centrista, ove sembra appunto rivendicare una collocazione stabile e strutturale nell’area di destra-centro. Non a caso si è di recente varato un cartello elettorale di nuovo conio tra la nuova Dc e Noi moderati di Lupi.
Dobbiamo concludere che in questo quadro bipolare non c’è più spazio per alleanza di altra natura? Di certo, tra le righe di questi commenti, non sembra emergere alcuna tessitura critica, pur apparendo assai velleitaria l’idea di FI di riportare il baricentro politico nell’area centrista se si pensa a quante distorsioni nella cura dei comuni interessi si sono innestate, nell’idea guida di un liberismo sfrenato, leggi ad personam( per difendersi dalle miriadi di processi) e promesse disattese, fino a portarci alla reprimenda di una commissione europea che ci ha dettato l’agenda con lacrime e sangue( governo Monti-Napolitano)
Vien da chiedersi se Merlo pensi davvero, in presenza di un elettorato liquido ed umorale, e nell’obiettivo come egli dice “…di dare al paese un governo stabile”, che si possa mettere in piedi un soggetto politico, di area cattolica in direzione di una coalizione dove, tra le altre cose c’è un tentativo di affermare culture non proprio in linea con la nostra Costituzione.
Considerazioni che, incredibilmente, ci fanno cogliere tra le righe di questi pregiati commenti un pessimismo e un consegnarsi, disarmati, allo spadroneggiare delle forze di destra (e con Tajani ed il suo singolare Ppe, dove sembra ignorare che un Europa dei moderati non può prescindere dai partiti riformisti).
Sembra quasi affermarsi la tentazione, con il pretesto di “avere governi stabili”, di abdicare alla funzione primaria della politica, ossia sondare e promuovere nuove prospettive, soprattutto se non si è di fronte a culture autoritarie (dove invece l’opposizione deve essere netta) finendo per consolidare una cultura di governo che ha come primo obiettivo la destrutturazione e la riscrittura della nostra Carta Costituzionale nata all’insegna dell’antifascismo.
E pensare che fu una regola aurea che consentì alla Dc di sperimentare nuove alleanze al suo fianco sinistro, ma ben consapevole di alcuni paletti non travalicabili, anche per sottrarre le forze repubblicane e riformiste all’egemonia del Pci.