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martedì, Febbraio 25, 2025
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Cattolici e riformisti: un progetto comune in difesa della Costituzione repubblicana.

Una nuova alleanza di centro - un centro politico forte - per contrastare populismi e sovranismi, rilanciando i principi costituzionali. Partecipazione e dialogo per restituire ai cittadini la fiducia nella politica.

Quale ruolo per una forza di centro nellattuale quadro bipolare?

L’interessante dibattito, su questo giornale, su quale ruolo debba assumere l’auspicata aggregazione tra cattolici e riformisti, mi induce a alcune brevi considerazioni sulle pregevoli tesi dei tanti opinionisti finora intervenuti.

Il punto di avvio mi pare ruotare attorno al paradigma: Partiti – Democrazia.

 

Può esistere una democrazia senza partiti?

E da esso ne discende, ovviamente, un primo fondamentale interrogativo: può esistere una democrazia senza partiti?

La risposta è ovviamente scontata.

Non può esserci e non può trovare articolazione una democrazia senza i partiti proprio perché mancherebbe quella funzione di intermediazione tra società e istituzioni che i partiti, dalla loro lontana genesi, agli albori del ‘900, hanno saputo esercitare con sapiente equilibrio, soprattutto nei cinquant’anni di vita politica post bellica.

Destrutturato quel sistema, basato soprattutto sulla contrapposizione di due ideologie poco conciliabili, tra la DC ed il PCI, nel corso del quale le forze cattoliche e riformiste, all’interno di un quadro di libertà costituzionali che erano rifiorite – dopo le parentesi buie dei totalitarismi nel continente europeo – seppero assicurare con i loro governi, una lunga stagione di libertà e presidio dei diritti fondamentali, oltre ad essere motore di sviluppo e di avanzamento della sfera sociale, civile ed economica dei cittadini, muto’ totalmente il quadro identitario delle forze politiche in campo.

 

La nuova stagione del maggioritario e la degenerazione populista

Con la nuova stagione del maggioritario, seguito al referendum di Mariotto Segni, che archivio’ la cosiddetta prima Repubblica, si introdusse un sistema elettorale che portò le forze politiche, peraltro di nuovo conio, a formare delle coalizioni con cui ci si candidava, con l’indicazione di un aspirante premier, al governo del paese.

Non si colsero, nell’immediato, le tante insidie di questo cambiamento.

Furono le diverse tornate elettorali a renderci, sempre più evidente, l’impatto polarizzante di una estremizzazione politica dei partiti – divenuti sempre più partiti personali – e con essa i tanti effetti di corrosione della coesione sociale che, bene o male, aveva invece assicurato la Democrazia Cristiana con i suoi governi.

Così, di legislatura in legislatura, in questi trent’anni si è assistito, senza soluzione di continuità, ad una perniciosa degenerazione che ha prodotto nel paese un crescente disinteresse alla partecipazione politica, tenendo lontani dalle urne quasi metà dell’elettorato.

 

La tesi di Ettore Bonalberti: alternativi alla destra e distinti e distanti dalla sinistra

Tra i vari tentativi di dare corpo e linfa ad un nuovo centro, appare meritevole l’idea di Bonalberti, espressa  ieri su questo giornale.

Significativo questo passaggio: “..Iniziativa Popolare, tra la ricerca del federatore degli amici di Tempi Nuovi e degli ex margherita o la federazione con Forza Italia, ha scelto di stare ben collocata al centro, alternativa alla destra e distinta e distante dalla sinistra, ridotta a quel “partito radicale di massa”, di cui alla celebre connotazione del prof Augusto Del Noce..”

Obiettivo, senz’altro nobile e degno di rilievo, non fosse altro perché si riconnette direttamente ad una idea identitaria che caratterizzò la storica Democrazia Cristiana.

Fu in nome di questa peculiarità identitaria che l’area cattolica seppe esprimere in politica i migliori tratti valoriali, dopo averne tradotto i  fondamenti, con l’Assemblea costituente, nella Carta Costituzionale che ancora oggi non ha perso modernità.

Dall’altra non possiamo certo ignorare la pregevole missione di governo che la DC seppe portare avanti, sempre nella lungimirante ricerca di risposte modulate su un virtuoso e costante bilanciamento degli interessi contrapposti dei diversi ceti sociali.

 

Le politiche aggressive di una destra che tende a destrutturare i tratti fondamentali del nostro Ordinamento

Oggi di fronte all’aggressività di una destra che vuole porre sul campo nuovi cliché di rappresentanza politica, fuori da ogni consuetudine e argine Costituzionale, pronta a divincolarsi totalmente da ogni sorta di pesi e contrappesi, genera nuovi rivoli di speranza quel crescente sentire comune che intende reagire con iniziative politiche concrete a tutela e presidio dei valori fondanti della nostra Repubblica, basata sul cruciale principio della centralità del Parlamento, della divisione dei poteri e dell’esercizio concreto della volontà popolare.

 

Senza una legge proporzionale il centro è destinato allirrilevanza politica

C’è però un particolare aspetto che dovrà essere debitamente valutato.

Se da una parte è, infatti, doveroso non  mollare sulle iniziative per il ritorno, prima possibile, ad una legge elettorale proporzionale, e contrastare, con determinazione, l’idea di introdurre inediti modelli, alludo all’attuale progetto di legge di premierato, che creerebbe forte squilibrio tra i poteri istituzionali, opponendo un modello, ampiamente sperimentato nell’attuale Repubblica federale tedesca, ossia il Cancellierato, assai più compatibile con il principio della divisione dei poteri, asse fondamentale delle democrazie moderne.

Così come pretendere, al contempo, l’attuazione integrale della Carta Costituzionale, a partire dalla concreta conformità dei partiti all’art.49 che sancisce il principio della piena democraticità interna.

Assai utopistica appare, invece, in questo quadro politico, fortemente caratterizzato da un bipolarismo in cui hanno buon gioco le forze populiste, scommettere su un progetto politico che solo in presenza di un concreto scenario proporzionale – cosa fuori dagli intenti programmatici di questa maggioranza di governo, con tutt’altri orizzonti come il fronte delle opposizioni – può avere una sua ragion d’essere.

Perseverare pertanto nell’idea di un centro, diffidente rispetto ad alleanze che possono invece costruirsi interpretando quelle tante istanze che reclamano dal sistema politico una più attenta cura del bene comune, politiche più accoglienti non fondate su una visione pan-penalistica dal doppio binario che inasprisce le pene per gli emarginati sociali, mentre ridisegna o elimina fattispecie criminali cruciali per la lotta alla corruzione e al clientelismo, foriere di forti diseguaglianze sociali, appare un evidente errore di strategia.

 

Il crescente impoverimento dei pensionati, salariati e ceto medio, non pare impensierire le politiche di questo governo

Mentre è sotto gli occhi di tutti – ne sono eloquenti i monitoraggi periodici dell’ISTAT e dei tanti Enti istituzionali deputati a certificare il generale andamento socio-economico del paese – il crescente depauperamento dei pensionati, cui è stato fatto un aumento medio di poco meno di due euro mensili, dei salariati, che si dibattono tra contratti a termine e disoccupazione  e di ampi strati del ceto medio e professionale, pensare di perseguire obiettivi politici destinati a tradursi in irrilevanza politica, non farebbe che dare il colpo di grazia ai labili tentativi di ricomposizione del centro, nel nome di un’alleanza culturale e politica di cui se ne vuole rendere protagonista quella ampia parte della cultura cattolico democratica, popolare e riformista, non più disposta ad accettare i danni che politiche sovraniste e populiste hanno prodotto e stanno producendo nel tessuto civile, sociale ed economico del paese.

 

Per battere le destre serve una comune intesa tra cattolici e riformisti in difesa della Costituzione

Mentre non sembra convincere la linea politica di quella parte del cattolicesimo liberale che vede nelle alleanze con le destre, peraltro rese strutturali da una chiara pregiudiziale scelta di campo, uno strumento di contenimento delle politiche populiste e sovraniste.

Allo stato delle cose quello che si coglie non è altro che un inequivocabile stato di sudditanza rispetto alle scelte più identitarie di questo governo.

Appare strategia assai più pregnante sostenere, a mio giudizio, una comune intesa tra cattolici e riformisti in nome di una mission che ritrovi, in primo luogo, la sua ragion d’essere nella difesa dei principi e dei valori fondanti della nostra Costituzione.

Darebbe sicuramente spinta a quel sentimento di speranza di un futuro possibile in quei tanti cittadini che da tempo hanno rimosso ogni pur minimo barlume di fiducia in questa classe politica.

 

La partecipazione attiva come leva contro le politiche populiste e sovraniste

Insomma, in questo momento così difficile per la tenuta delle istituzioni democratiche, non solo in Italia, in cui sono prepotentemente affiorare dottrine tese a destrutturare i modelli istituzionali fondati su Democrazia e Stato di diritto, è categorico evitare ogni errore di ingenuità, o ogni sottovalutazione, che finirebbe per far perdere lustri nel processo di costruzione di un progetto politico serio e lungimirante, capace di mandare a casa una maggioranza governativa, peraltro minoranza nel paese, intenzionata a cambiare gli assi portanti della nostra Carta fondamentale.

Serve subito, allora, una scelta di campo, nel solco di un percorso che ritrovi nella tutela e salvaguardia della nostra Carta Costituzionale e nella necessità di riportare tanti cittadini a ritrovare interesse e partecipazione alle scelte politiche del paese, senza deleghe in bianco o pieni poteri da conferire a capi partito o leader di turno, recuperando il concreto esercizio della sovranità popolare, che ciascun cittadino esprime nel momento in cui è chiamato al rinnovo delle Istituzioni, sovranazionali, nazionali e locali.

Non altro mezzo appare più plausibile per non lasciare i tanti cittadini, sfiduciati e privi di speranza, nella rete dei tanti populismi che, con demagogie ingannevoli, piegano gli interessi comuni agli interessi di magnati e alle élite tecno-capitaliste, sempre più protesi ad orientare le politiche secondo i loro interessi planetari.