Centenario della morte di Benedetto XV, il Papa della “inutile strage”. La commemorazione del card. Mamberti.

 

Si è celebrata lo scorso 22 gennaio una messa in S. Salvatore in Lauro, a Roma, per ricordare la figura di Giacomo della Chiesa, eletto al soglio pontificio con il nome di Benedetto XV. L’omelia del card. Domenique Lamberti, qui riprodotta integralmente, permette di conoscere più da vicino il Papa che, con la Nota del 1 agosto del 1917, definì una “inutile strage” il primo conflitto mondiale (1914-1918).

 

 

 

 

Cari Fratelli e Sorelle, in questa Santa Messa vogliamo anche ricordare un anniversario: il centenario della morte di Papa Benedetto XV, il Papa eletto mentre scoppiava la Prima Guerra Mondiale e deceduto il 22 gennaio 1922. Tra Pio X, il Papa della restaurazione della liturgia e della lotta contro il modernismo e Pio XI, il Papa dei Patti Lateranensi e della resistenza spirituale ai totalitarismi, il relativamente breve pontificato di Benedetto XV è oggi poco ricordato, al punto che una biografia dedicata a tale Pontefice è intitolata “Il Papa sconosciuto”.

 

Giacomo Della Chiesa era nato a Genova nel 1854 da nobilissima e religiosissima famiglia; si laureò in giurisprudenza prima di entrare all’Almo Collegio Capranica qui in Roma e fu ordinato sacerdote nel 1870; entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede fu segretario dell’allora Nunzio in Spagna Mariano Rampolla del Tindaro, il quale lo chiamò poi a continuare a collaborare con lui quando diventò Segretario di Stato di Leone XIII. Nel 1901 diventò Sostituto della Segretaria di Stato e, nel 1907, Pio X lo nominò Arcivescovo di Bologna e, il 25 maggio 1914, lo creò cardinale. Alla morte di Pio X, mentre già l’Europa precipitava nella guerra, il Cardinale Giacomo Della Chiesa fu eletto Papa e subito elevò la sua voce per invocare la pace. Nella sua prima Enciclica “Ad Beatissimi”, del 1 novembre 1914, puntualizzò che vera causa della “disastrosissima guerra” era la scomparsa dagli ordinamenti statali “delle norme e delle pratiche della saggezza cristiana”, mentre la società era minata da diversi mali, in particolare “la mancanza di amore fra gli uomini”, “il disprezzo dell’autorità”; “i beni materiali fatti unico obbiettivo dell’attività dell’uomo, quasi non ci fossero altri beni, e molto migliori da raggiungere” e gli “odi nazionalistici portati al parossismo”. Vedendo che i suoi appelli a deporre le armi rimanevano inascoltati, lanciò la Santa Sede e tutta la Chiesa in un continuo di iniziative umanitarie, a partire dall’assistenza materiale e spirituale ai prigionieri di guerra, scambi di informazioni e di corrispondenza, negoziati per il rimpatrio dei prigionieri malati, scambi di quelli feriti e malati, assistenza materiale alle popolazioni delle zone di guerra. Quanto più durava il conflitto, tanto più il Papa fu inorridito dalla potenza e dall’efficacia delle nuove armi che i progressi della tecnologia aveva messo in mano alle potenze belligeranti ed è durante il suo pontificato che cominciarono a comparire negli interventi pontifici le richieste di limitazioni degli armamenti e di disarmo, che sarebbero diventate sempre più forti con i suoi successori.

 

Diplomatico di formazione, con l’aiuto del Cardinale Pietro Gasparri, suo Segretario di Stato, Benedetto XV svolse anche una intensa attività diplomatica presso i governi dei Paesi in guerra per favorire una soluzione al conflitto, culminata con la famosa Nota di Pace del 1 agosto 1917, in cui esordiva ricordando che  “Fino dagli inizi del Nostro Pontificato, fra gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta sull’ Europa, tre cose sopra le altre Noi ci proponemmo: una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli; uno sforzo continuo di fare a tutti il maggior bene che da Noi si potesse, e ciò senza accettazione di persone, senza distinzione di nazionalità o di religione, come Ci detta e la legge universale della carità e il supremo ufficio spirituale a Noi affidato da Cristo; infine la cura assidua, richiesta del pari dalla Nostra missione pacificatrice, di nulla omettere, per quanto era in poter Nostro, che giovasse ad affrettare la fine di questa calamità, inducendo i popoli e i loro Capi a più miti consigli, alle serene deliberazioni della pace, di una « pace giusta e duratura ».  Invitava poi i governi ad accordarsi circa alcuni principi per far tornare la pace e concludeva con lo speranzoso auspicio che le sue proposte fossero “accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage”. In un altro documento, aveva chiamato quella guerra “suicidio dell’Europa civile”. (lettera al Card. Vicario Pompili, 04/03/16),

 

Purtroppo, il tentativo non ebbe il successo sperato. Solo l’Imperatore Carlo d’Austria, futuro beato, era desideroso di assecondare il proposito del Papa. Anzi, l’intervento di Benedetto XV fu incompreso e calunniato da chi aspettava che si schierasse con uno dei campi. E la guerra si concluse con il Trattato di Versailles, di cui l’Osservatore Romano scrisse con attristita lucidità “non era questa la pace che i popoli si aspettavano, che era stata loro promessa per trascinarli al macello” e, infatti, meno di vent’anni dopo il mondo ripiombò nella guerra.

 

L’azione diplomatica di Benedetto XV non si limitò agli anni della prima guerra mondiale. È sotto il suo Pontificato che il numero dei Paesi con i quali la Santa Sede manteneva relazioni diplomatiche riprese a crescere: alla sua morte erano rappresentate 27 nazioni presso la Santa Sede, tra cui la Francia, che aveva accreditato un Ambasciatore nel 1921, dopo la rottura del governo anticlericale di Emile Combes nel 1904. Ci fu anche qualche trattativa con le Autorità italiane, ma bisognerà aspettare 1929 perché la Questione Romana fosse risolta. Si diede inizio anche ad un periodo di intensa attività concordataria, proseguita poi con Pio XI.

 

Ci sarebbe anche molto da dire circa il pontificato di Benedetto XV, in particolare sotto il profilo ecclesiale: la promulgazione del Codice di Diritto canonico nel 1917, la cura assidua per le Chiese orientali e per le Missioni, la fondazione di Seminari ed Atenei, come l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nello stesso modo che operò per la pace nel mondo, fece nella Chiesa. Pur attento al rischio persistente del modernismo, fu altresì attento ad evitare ingiustizie. Nella sua Enciclica programmatica “Ad Beatissimi” scrisse “poiché in ogni umana società, qualunque sia stato il motivo della sua formazione, primo coefficiente di ogni operosità collettiva sono l’unione e la concordia degli animi, Noi dovremo rivolgere un’attenzione specialissima a sopire i dissensi e le discordie tra i cattolici, quali esse siano, e ad impedire che ne sorgano altre in avvenire, talché tra i cattolici uno sia il pensare ed uno l’operare”.

 

Benedetto XV morì il 22 gennaio 1922, dopo qualche giorno di malattia. Il rimpianto fu universale. Il suo successore, Pio XI, nella sua prima allocuzione concistoriale dichiarò che il suo predecessore “governò in tal modo la Chiesa da riscuotere non solo il plauso dei cattolici, ma ancora l’ammirazione degli avversari. Mentre gli uomini si accanivano tra loro nell’odio, non mai cessando d’inculcare la pace, empì il mondo dei benefici della sua carità”.

 

La Messa di questa sera è stata voluta dal Comitato Papa Pio XII, per il forte legame tra Benedetto XV e Monsignor Eugenio Pacelli. Fino al 1917, Mons. Pacelli fu Collaboratore diretto del Papa nella Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari e partecipò ai primi tentativi del Papa per la cessazione delle ostilità e per scongiurare l’entrata dell’Italia nella guerra. Consacrato Vescovo personalmente da Benedetto XV, il futuro Pio XII, diventato Nunzio in Baviera, fu attore diretto delle iniziative di pace della Santa Sede, incontrandosi con le massime autorità tedesche, a cominciare dall’Imperatore Guglielmo II, nonché con l’Imperatore Carlo d’Austria, l’unico disposto al negoziato con gli avversari. Rimasto a Monaco di Baviera dopo la fine dell’Impero, Benedetto XV lo nominò nel 1920 Rappresentante Pontificio presso la Repubblica di Weimar e in tale veste egli portò a compimento due importanti accordi, tuttora vigenti: il concordato con la Baviera del 1924 e quello con la Prussia, nel 1929, poco tempo prima di essere elevato alla Porpora Romana e diventare Segretario di Stato di Pio XI.

 

Questa sera ricordiamo con gratitudine questi due grandi Papi, che ambedue confrontati ad una guerra portatrice di immani dolori e distruzioni, spesero tutte le loro forze per alleviare le sofferenze, favorire giuste soluzioni e riportare la pace, e, purtroppo, furono ambedue pure incompresi e calunniati da quanti non capivano le angosce e i tormenti del Padre comune, che vede i figli distruggersi a vicenda, lasciando inascoltati i suoi appelli alla concordia.