Centro, serve un salto di qualità in vista delle europee.

Fondamentale per le forze di centro arrivare alle prossime elezioni europee non facendosi trascinare dallo stato di necessità, ma pensando sin d'ora a come alzare l'asticella delle responsabilità che intende assumersi.

Le prossime elezioni europee potrebbero rappresentare la chiusura di una finestra di opportunità per rilanciare il centro in Italia. Infatti, il sistema proporzionale permette di valorizzare la specificità della proposta politica rispetto alle alleanze, come in parte è già successo alle Politiche dello scorso anno, in cui il centro si è proposto come terzo polo, anziché come parte di una alleanza. Ma difficilmente alle prossime politiche, si potranno ripetere le medesime condizioni. Per la semplice ragione che, al netto della variante dell’astenionismo, la somma dei consensi delle forze di centro sinistra nel Paese è almeno pari, se non superiore, a quella dell’alleanza di centro destra. È prevedibile pertanto che la pressione per il cosiddetto campo largo, per un’alleanza la più ampia possibile, benché politicamente assai fragile, sia destinata a divenire col tempo insostenibile, fino a portare a una intesa fra PD e M5S, che facendo pregustare il profumo della vittoria, potrebbe portarsi dietro il grosso delle forze di centro sinistra. Non credo che il recente endorsement di Prodi alla Schlein sia stato casuale. La segretaria Pd come sfidante della Meloni quando si tornerà a votare per il rinnovo del parlamento, sembra l’epilogo più naturale, per non dire scontato, dell’attuale bipolarismo.

Solo un centro capace di compiere un salto di qualità in maniera sostanziale e tangibile alle prossime Europee, capace di raggiungere percentuali a due cifre, e con una solida proposta politica, può provare a dischiudere un diverso scenario, attraverso il raggiungimento della forza necessaria per proporre una alleanza di governo che tagli fuori le ali estreme, a destra come a sinistra.

Per questo credo sia fondamentale per le forze di centro arrivare alle elezioni del prossimo anno non facendosi trascinare dallo stato di necessità, e decidendo solo in base alle indicazioni degli ultimi sondaggi in tempo utile il da farsi, e con ciò ammettere implicitamente di fare una mossa dettata più dalla disperazione per il quorum che dall’ambizione di riformare il nostro sistema politico. Ma decidendo sin d’ora di avviare una lista comune aperta a tutte le componenti e articolazioni dell’area di centro con lo scopo dichiarato di scardinare l’attuale bipolarismo, e con l’obiettivo di procedere in seguito alla trasformazione della lista di centro per le Europee in un partito, dotato di proprie regole e di effettiva democrazia interna,.

Non si tratta certo di un compito facile e tuttavia senza alternativa che non sia quella dell’insignificanza.

In questa fase di cambio di epoca, in cui si assiste a molteplici fenomeni inediti, ed a un imprevisto ritorno di tempi di guerra, proprio perché ci si muove in un territorio inesplorato, risulta più arduo mostrare i pericoli e le contraddizioni della destra e della sinistra. Ma non può esistere un centro credibile e utile, se non si è in grado di indicare in modo incisivo e chiaro tali limiti. Gradualità nella transizione ecologica nella linea dell’ecologia integrale, un nuovo umanesimo per le nuove tecnologie, una visione della epocale transizione geopolitica che non si limiti ai giudizi consentiti in tempo di guerra, non sono frasi fatte ma l’essenza del compito che ha di fronte un centro che voglia proporsi come interlocutore politico degno di attenzione. A tutti i livelli, e cominciando dal riuscire di nuovo a parlare con la classe media, perché un centro senza popolo (soprattutto per come lo indende la cultura del popolarismo, in termini più sociali che politicistici) è qualcosa di simile a un ossimoro.

Se, pur con tutte le difficoltà e con tollerabili dosi di confusione del giorno dopo giorno, si rinuncia a cercare una simile forma di mediazione sui grandi temi della nostra epoca, inevitabilmente il campo del centro verrà occupato da altri. Come abbiamo visto la Meloni populista, e forse nostalgica, trasformarsi prontamente in una specie di allieva di Draghi sui principali dossiers, così non stupirebbe trovarsi un giorno di fronte alla radical chic Elly Schlein, una volta indossati i panni della donna di governo, trasformata in una buona prodiana.

Il centro non può dunque continuare a rimanere ostaggio dei personalismi che ne frenano la crescita e la maturazione ma dovrebbe sin d’ora preoccuparsi di come alzare l’asticella delle responsabilità che intende assumersi.