Cercando un’Italia migliore

Forse quello che una volta si chiamava impegno politico dei cattolici, oggi dovrebbe partire dalla reale condizione (fisica e spirituale) degli italiani.

In Italia molti parlano di cosa farà la politica o di come sarà il tempo. Se al mare è meglio mangiare una fetta di anguria o bere un thé freddo (ma non troppo). Intanto, c’è gente che non esce più di casa. Ci sono persone che finiscono la loro giornata, spesso ancora prima di averla iniziata. Come esistono (da sempre) i lavori usuranti, esistono anche i riposi usuranti. Abbiamo migliaia di pensionati in buona salute, a cui nessuno sa più cosa chiedere. Milioni di giovani senza lavoro e senza speranze. La sfiducia di molti italiani naturalmente non preoccupa nessuno perché gli sfiduciati, di solito, non danno fastidio. Anzi, forse uno dei motivi dell’assenza di conflitto sociale nel nostro Paese è dato dalla sfiducia e dalla paura. La Rete sta creando un mondo di solitari, che aspettano ogni giorno una parola che non arriva, come tanti Godot davanti allo schermo. Pensiamoci: qual è il primo e l’ultimo gesto della nostra giornata? Semplice, controllare le notifiche sul cellulare. E quello che una volta si chiamava mondo “reale”, oggi è un deserto. Uno dei pochi luoghi dove oggi si fa ancora vita sociale, sono i ristoranti. Che visti da fuori sembrano tanti acquari, dove ogni cliente è un pesciolino.

In realtà nessuno sembra preoccuparsi, seriamente, di una situazione del genere. Il Governo è impegnato da mesi in esercizi di ragioneria finanziaria, perché per l’Europa di oggi sembra che la vita di una nazione passi tutta attraverso il pareggio di bilancio. Due persone intelligenti, come Mario Monti e Matteo Renzi, hanno scritto due lettere al “Corriere della Sera”, rivendicando ciascuno il primato del proprio Governo, essendo riusciti a fare brillantemente “i compiti a casa”.

Forse in una situazione del genere, almeno gli intellettuali dovrebbero lanciare un segnale d’allarme. In realtà, prevale l’antica abitudine alla viltà e alla furbizia. Si preferisce non prendere posizione. Non mi riferisco al fatto di scrivere un editoriale o un articolo di commento su un grande quotidiano ma anche alla semplice discussione al bar. Oggi la parola è passata a chi ha ben poco da dire. E il segreto sta nel fatto che questi si rivolgono a un pubblico che ha poca voglia di starli a sentire. Perché, ad esempio, il filosofo Massimo Cacciari ripete in televisione, quasi ogni sera, le stesse cose? In questo modo, ogni fesseria è sempre viva e vegeta, mentre l’uso del “pensiero lungo” (come direbbe Ciriaco de Mita) sembra quasi un esercizio per presuntuosi.

Forse quello che una volta si chiamava impegno politico dei cattolici, oggi dovrebbe partire dalla reale condizione (fisica e spirituale) degli italiani. Da questo punto di vista, il Governo giallo-verde sembra assai lontano dal poter svolgere un qualunque lavoro di politica culturale, orientato al “bene comune”. E’ in corso una sorta di “rottamazione della cultura” di cui nessuno si sta occupando seriamente. La prevalenza di termini inglesi nel linguaggio corrente (rispetto all’uso dei sinonimi italiani) è imbarazzante. Conta solo lo “spread”, dato dal “sentiment” del “contest”. Solo Papa Francesco cerca, per quello che può, di riattaccare i fili della luce, delle nostre coscienze.

Oggi la contesa non è più tra destra e sinistra, tra l’una e l’altra cultura politica, ma tra tirchi e generosi, tra cinici e appassionati. Nessuno sa come andrà a finire, certamente l’esito non dipenderà dall’attuale Governo. Dipenderà da ognuno di noi e dai progetti che sapremo realizzare insieme.