Il pemfigo (dal greco πέμϕιξ, «pustola») è una patologia bollosa autoimmune della cute e delle mucose, con alterazione dei meccanismi di adesione cellulare dell’epidermide (in particolare dei desmosomi), ad andamento cronico e prognosi potenzialmente fatale. Alla base della sua comparsa c’è una reazione autoimmune che coinvolge principalmente le IgG4, e in alcune forme più rare, le IgA.
Queste reagiscono con glicoproteine presenti sui desmosomi dei cheratinociti, le desmogleine. Viene indotto in seguito il rilascio di plasminogeno, con conseguente lisi delle cellule dello strato malpighiano, le cellule acantotiche. In seguito all’acantolisi viene richiamato liquido trasudatizio per diffusione osmotica. Nelle forme pemfigoidi il liquido ha invece carattere essudativo.
Esistono due forme classiche di pemfigo:
pemfigo volgare, e sua variante vegetante;
pemfigo foliaceo, e sua variante localizzata chiamata pemfigo eritematoso.
Tra le forme di recente inquadramento si annoverano il pemfigo associato a neoplasia – o paraneoplastico, il pemfigo a IgA, il pemfigo erpetiforme, e pemfigo superficiale.
L’incidenza del pemfigo volgare è equidistribuita tra sessi ed età, benché la patologia colpisca prevalentemente pazienti di gruppo etnico mediterraneo.
La presentazione tipica esordisce con la comparsa di bolle flaccide, che si rompono facilmente e danno origine a tipiche erosioni. In più della metà dei casi, tali bolle compaiono inizialmente nelle mucose, ma in alternativa, le lesioni possono interessare lo scalpo, la faccia, il torace, i cavi ascellari o la regione inguinale.
Il trattamento classico è basato principalmente sulla somministrazione di steroidi per via sistemica, ma alternativamente può includere azatioprina e ciclofosfamide. Nei casi refrattari è possibile utilizzare IVIg o anticorpi anti-CD20 (rituximab), sebbene tali terapie siano ancora estremamente costose.