Torino, 21 ott. (askanews) – Una mostra di grande impatto, capace di risuonare con lo spazio che la ospita, ma anche di emozionare e di rinnovare lo stupore di fronte all’arte contemporanea, quando, senza perdere nulla della propria forza e profondità, si rivela anche accessibile. Il MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino ospita una retrospettiva dell’artista giapponese Chiharu Shiota, organizzata con il Mori Art Museum di Tokyo e intitolata “The Soul Trembles”.
“Chiharu Shiota – ci ha detto la co-curatrice Mami Katatoka – è nata nel 1972 a Osaka, ma si è trasferita in Germania negli anni Novanta. È molto conosciuta per le sue grandi installazioni, la maggior parte con il filo, ma anche per il suo indagare da sempre sulle domande fondamentali, sul senso della vita e della morte, e su cosa significa avere un’anima. Tutte queste domande sono cruciali e raggiungono universalmente il pubblico”.
In mostra lavori con il filo rosso diventati famosissimi, soprattutto dopo la Biennale Arte del 2015 nel padiglione nazionale del Giappone, ma anche altre tipologie di opere, per esempio alcuni disegni straordinari. Il tutto in costante dialogo con il museo torinese e la sua collezione.
“È stata costruita in maniera da continuare il lavoro che stiamo facendo al museo – ha aggiunto Davide Quadrio, direttore del MAO e co-curatore della mostra – e di espandere questa idea di oggetto, spazio e persone che vivono questo spazio. In questo senso la mostra non è una mostra di oggetti, anche se ovviamente ci sono tantissimi oggetti, ma in realtà è una mostra che invita a una riflessione e a una relazione tra lo spazio museale, con gli oggetti che in qualche modo evaporano, lasciando lo spazio invece a questa artista che si nutre e in qualche modo trasforma lo spazio stesso del museo, costruendolo in una maniera completamente nuova e quasi irriconoscibile a tratti”.
E proprio il modo in cui la mostra modifica non solo gli spazi, ma anche la, per così dire, temperatura emotiva del MAO, è uno degli elementi sottili, ma decisivi del progetto. “Chiharu – ha aggiunto Quadrio, che ha lavorato anche con le assistenti curatrici Anna Musini e Francesca Filisetti – ha capito e ha compreso che questa era un’opportunità per sviluppare la sua opera e la sua poetica in una maniera anche di restituzione rispetto proprio alla collezione museali”.
Per il visitatore c’è poi il tema dei rimandi ad altre suggestioni del contemporaneo e anche quello delle letture che è possibile dare dei tanti lavori di Shiota esposti a Torino. “Le sue opere – ha concluso Mami Kataoka – possono essere interpretate in tanti modi, lei non fa riferimenti specifici a fatti storici o a determinate nazioni e culture”.
Il riferimento, probabilmente, è l’arte stessa, che coinvolge il ruolo dello spettatore a tutto tondo. E come le sue barche accolgono quella teoria di fili rossi, così possono anche accompagnare noi in un’esperienza intima e universale al tempo stesso. (Leonardo Merlini)