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mercoledì, 17 Dicembre, 2025
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Cisl sotto esame: crisi di autonomia, eclisse del pluralismo e deriva politica

Dal riformismo autonomo al collateralismo di governo: la crisi culturale di un grande sindacato che ha smesso di pensarsi come soggetto critico e plurale nel conflitto sociale e democratico.

La crisi culturale e politica della Cisl è sotto gli occhi di tutti. Un grande sindacato, che nasce fondato sulla cultura dell’autonomia, del contrattualismo e del riformismo, è da alcuni anni collocato su di una deriva che scivola a destra, in un sostanziale collateralismo mascherato del governo della destra post missina.

Lassenza di dibattito e la tentazione del potere

Non c’è più dibattito interno perché l’intero gruppo dirigente sembra come abbagliato da quella confusa cultura sociale di matrice rautiana che ispira la nostra destra di governo, ma in realtà è più chiaramente forse attratto dalla lusinga del potere, come dimostra la parabola del precedente segretario generale divenuto improvvisamente sottosegretario del governo Meloni per meriti sul campo. È oggi impossibile sfuggire alla sensazione che anche l’attuale vertice dell’organizzazione stia lavorando per garantirsi un seggio parlamentare fra 2 anni.

 

Il patto sociale” come foglia di fico

La proposta di un patto sociale lanciata nei giorni scorsi sembra l’ennesima foglia di fico per nascondere una totale mancanza di guida, di strategia, di ispirazione. È una proposta lanciata nel vuoto, senza adeguati contenuti, senza un percorso di reale dialogo, anzi ostentando la massima distanza possibile dalla CGIL, il maggior sindacato del paese. Senza un coinvolgimento anche minimo della UIL come in altre fasi è pure avvenuto.

Per parlare di concertazione bisogna anzitutto condividere una analisi comune con le altre maggiori parti sociali, dell’impresa e del lavoro. Oggi anche la Confindustria ha una posizione più autonoma da questo governo, il che è davvero paradossale.

 

La manovra di bilancio e ladesione acritica

La manovra di bilancio, del tutto priva di ogni visione socio-economica e di azioni riformatrici, è solo tesa a razionalizzare i conti pubblici, per ottenere fra pochi mesi da Bruxelles il via libera a spendere in grave ritardo quasi il 50% delle risorse del PNR ancora congelate per grave inefficienza del governo e incapacità di accelerare i procedimenti di spesa pubblica a tutti i livelli.

Questo dicono i dati, malgrado la incessante propaganda di regime. Ed anche per accantonare un tesoretto da mettere in bilancio nel prossimo anno elettorale, e promettere di spendere, salvo poi realizzare assai poco.

E la Cisl che dice?

E la Cisl che dice? Dice che, tutto sommato, non si tratta di una cattiva legge di bilancio, perché migliora il trattamento fiscale del ceto medio, anche di tutti coloro che hanno un reddito superiore ai 60 mila euro. Dice che con altri piccoli ritocchi potrebbe quasi essere perfetta. Non ci si può credere, eppure è così.

 

La rappresentazione irreale del lavoro

Basta leggere ciò che è scritto poi, sui siti ufficiali dell’organizzazione riguardo al mercato del lavoro. A via Po ascoltano la propaganda di Tele-Meloni e si autoconvincono. Una situazione quasi rosea, nella quale non esiste la condizione penosa di migliaia e migliaia di giovani del Sud che, dopo studi brillanti, sono costretti ad emigrare all’estero; dove non esistono alcuni milioni di lavoratori sottopagati e dove, invece di battersi per un salario minimo, ci si trincera dietro il simulacro dell’autonomia della contrattazione, che la Cisl di oggi difende per principio anche quando le parti sottoscrivono accordi indecorosi, specie per la debolezza del sindacato, in molti settori di lavoro non qualificato.

Quando la Cisl era una scuola di pensiero

Un tempo la Cisl disponeva del miglior centro studi sindacale, dove hanno lavorato e sono cresciute figure come Tiziano Treu o Ezio Tarantelli, Guido Baglioni o Pietro Merli Brandini. La Cisl di Mario Romani e Giulio Pastore ha imposto alla politica gli accordi contrattuali come fonte normativa primaria nel diritto del lavoro e dell’economia.

Oggi cosa c’è di tutto questo? Neanche un vago ricordo.

Il pluralismo perduto

Un tempo la Cisl assicurava un permanente pluralismo interno, di ispirazioni e di culture. E in questo confronto-laboratorio in costante riflessione si esprimevano sindacalisti come Pierre Carniti o Franco Marini, Luigi Macario o Franco Bentivogli, Eraldo Crea o Sergio D’Antoni. Democratici cristiani, cristiano-sociali, socialisti riformisti, tutti fermamente antifascisti, con la schiena dritta e mai inclini verso la destra postfascista ingrassata con i denari di Berlusconi.

Oggi il gruppo dirigente appare grigiamente omogeneo, incapace del minimo dibattito interno ed esterno.

Ripensare il sindacato, il lavoro, il futuro

Il sindacato oggi è molto debole nel nostro Paese e in tutto l’Occidente. È necessario lavorare per riaprire il dialogo e il confronto con tutte le principali organizzazioni nel paese e in Europa. È necessario pensare al lavoro del futuro, alle nuove tecnologie che, se ben gestite, possono portare sviluppo e benessere.

È necessario pensare alla integrazione di milioni di stranieri per tutti quei lavori che i nostri giovani non vogliono più fare. È necessario ripensare la scuola perché si rafforzi come spazio essenziale per l’educazione civile e la formazione critica. È urgente ripensare al modello di welfare, per accrescere le responsabilità di ciascuno e realizzare una effettiva universalità delle prestazioni.

Serve una Cisl allaltezza della propria storia

Servirebbe, per tutto questo, davvero una Cisl consapevole della propria straordinaria storia, capace, ad esempio, di riunire i migliori giovani studiosi ed elaborare nuove idee e proposte, scevra da penosi servaggi politici.

Servirebbe, ad esempio, che la Fondazione Franco Marini non fosse solo una targa per coprire le vergogne, ma si animasse di lavoro intellettuale e organizzativo per sostenere una ripartenza consapevole.