Cleopatra e l’arrivo di Marine. Intanto Cesare…va in ferie.

Blonde Marine ha pescato il suo énfant prodige e lo mette avanti non per stravincere, ma per creare consenso. E Cleopatra? Soffre. Cesare la saluta, ma per dirle che è…feriatus.

Cesare solo seduto sul seggio nel Senato di Roma e lei, la regina di là, oltre il Tevere, nella vasta tenuta dove lui l’ha confinata, torva, gli occhi di brace, le labbra serrate, cammina veloce in tondo nella sala con la vasca degli amati coccodrilli del Nilo. Lei vorrebbe metterli nel Tevere, i coccodrilli, che tanto a parer suo i romani se li meritano tutti; lui invece non le manda un messo da giorni, che cosa le deve dire che lei già non immagina?

La regina Cleopatra/Meloni avendo confuso la plebe romana con la plebe tutta dell’impero era salita dai Galli Belgarum straconvinta che vittoria romana è uguale a vittoria imperiale. Ma quelli le avevano detto subito “noi siamo Celti e Galli, stiamo nell’impero, ma abbiamo scelto diversamente e Cesare ci lascia liberi di scegliere”. “E che significa?”, ha detto la Regina, che abituata al “Regno sono io”, non immagina neppure che i popoli scelgano diversamente da quanto desidera il loro re, e subito spiegato dai Belgae: “Non c’è posto per te o per i tuoi candidati nei posti di comando, però vista la vittoria romana

troviamo altri posti per non farti sfigurare…”.

Onta! Oltraggio alla Regina Cleopatra/Meloni! Neanche era finita la frase di spiegazione che il viso si era trasformato; sparito il roseo dalle guance ingentilite dal fard, lo sguardo traverso, voce rauca, labbra ridotte ad un filo sottile sul bel viso, segnali di un rancore che monta e di un indiscutibile disagio per la posizione defilata.. è messa in un angolo, dietro una porta che non si aprirà.

Torna a Roma e non passa da Cesare. È nera come il buio della notte senza stelle dell’aldilà di Anubi, assorta nel risentimento e appare tutta la sua indole indomita e fredda; la regina-dea del popolo egizio, la regina che è lei stessa il Regno degli Egizi…buttati per terra gli orpelli che aveva indossato all’incontro di metà giugno in terra degli Apuli, primi fra tutti quei colori pastelli che dovevano far sembrare dolce chi è nata giaguaro del Sahara.

Ed ecco che forse una speranza di cambiare la malasorte…una tenue luce affidata all’auspicio che la galla franca Marine possa stravincere tra i suoi, cambiando gli assetti dell’Impero. La blonde Marine sa il fatto suo; ha pescato il suo enfant prodige della politica e lo mette avanti a tutti non per stravincere, ma per creare consenso duraturo e solido; fa un buon passo di misura e si assicura la vittoria al secondo passaggio con i Galli. Grande lezione di politica da chi è nata sulle rive della Senna a chi è nata su quelle del Nilo/Tiber. Non i carri lanciati al galoppo per sbaragliare l’avversario, non le scelte tanto per fare cassa politica (voti/consenso/favori), ma duro controllo della équipe che prenderà il potere. “Non imbarchiamo tutti e tutto poi si vedrà”, dunque non solo io e poi gli altri a seguire, ma un serrato gioco di squadra e un solo volto avanti (l’imberbe enfant, appunto). Marine dei Galli darà le carte nell’Impero, lo sa lei stessa e lo sa Cesare. E le darà – le carte – pure per Cleopatra/Meloni che avrà un secondo posto da cui si vede bene il palco e gli attori che declamano, ma non oltre…

E Cesare, avendo saputo dal messo gallo della vittoria certa della regina Marine, così manda i suoi saluti a Cleo: “Regina mea, serva navim quam tibi dedi, et imperium solum relinque, et cautius experire quod rumorem audio quod pueri in tua turba pulmentum faciunt. Ego feriatus, vale tuus Caesar”. Ovvero: “Ah regina mia, tieniti la barca che ti ho dato e lascia stare l’impero, e vedi di stare più accorta che mi giunge voce che i ragazzini della ciurma tua stanno facendo casino. Io vado in ferie. Ciao, Cesare tuo”.