Con i piedi in tre scarpe, così la Meloni in Europa.

Non sarà facile per la Premier scansare tutti gli ostacoli che si frappongono sulla strada del suo anomalo percorso europeistico. Da oggi, a Bruxelles, si entra nella fase ufficiale delle trattative.

La Meloni insiste nelle sue ambiguità e paga dazio per voler essere la leader delle destre europee. Può suonare antipatico, ma questa sua collocazione non giova ad accreditarla nel circuito dell’Europa che conta, quello della collaborazione privilegiata tra Francia e Germania. Tuttavia può usare il grimaldello di una iniziativa politica intelligente, per contrattare una presenza significativa nell’esecutivo europeo, dove oggi per l’Italia c’è Gentiloni, e soprattutto per garantire ad abundantiam (senza entrare in maggioranza) la rielezione della sua “amica” Ursula, magari sbanderiando…l’interesse dell’Italia.

Spetta a lei agire con lungimiranza, per vincere le diffidenze ancora molto robuste. Probabilmente, in una prospettiva larga, per la quale conta essenzialmente il futuro dell’Europa come spazio di libertà e solidarietà tra le diverse nazioni, può crescere nei partner dell’Unione, a certe condizioni, la fiducia nella sua estraneità alla logica disgregante dei sovranismi. Deve però convincersi, la nostra Premier, che non può stare con i piedi in tre scarpe: l’Europa federale del futuro, quella confederale degli stati nazionali, quella di estrema destra con rigurgiti fascisti e nazisti.

Vale la pena ricordare che in Europa la sua leadership è sotto osservazione speciale per le controverse riforme istituzionali del governo da lei presieduto. Il premierato elettivo, infatti, è molto più grave degli abusi di Orbán – non a caso sotto procedura di infrazione – perché, cancellando l’equilibrio costituzionale vigente, determina un “abuso di potere” strutturale per mancanza di pesi e contrappesi nell’ordinamento.

Altrettanto grave è l’autonomia differenziata delle Regioni, considerando gli squilibri territoriali che potrà determinare a discapito soprattutto del nostro Meridione. Non è una polemica artificiale. Guarda caso, il voto del Sud ha penalizzato proprio Fratelli d’Italia. Eppure, anche contro i propri interessi la Meloni è obbligata a continuare su questa strada, pena la dissoluzione dell’alleanza con Salvini.

Ovviamente queste contraddizioni in Europa sono note e certo non rafforzano l’immagine dell’Italia. Il mix di centralismo e localismo – tutto il potere al capo del governo ma con ampio decentramento della spesa pubblica – costituisce fonte di preoccupazione per l’impatto concreto sulla governabilità del sistema e anche per i rischi di contagio rispetto ad altri ambiti nazionali, dove la questione del decentramento assume un carattere dirompente.

Da oggi, a Bruxelles, si entra nella fase più intensa delle trattative, dopo che ieri sono stati avviati i primi colloqui informali nella cena a 27. L’intenzione è quella di chiudere entro fine mese, prima delle elezioni legislative in Francia. Non sarà facile per la Meloni scansare tutti gli ostacoli che si frappongono sulla strada del suo (ancora) anomalo percorso europeistico. Dalla sua ha la forza del consenso, ma non è sufficiente a rompere l’assedio delle pregiudiziali o anche solo delle esitazioni che affollano i pensieri degli interlocutori, taluni pronti a non fare il minimo sconto.