Le dimissioni di Conte dovevano essere date all’inizio di quella che potremmo definire la vertenza con Italia Viva. Avremmo risparmiato tempo e guadagnato chiarezza. Ora si spera che la formalizzazione della crisi permetta di aprire il sipario sulle reali intenzioni dei partiti, sia di maggioranza che di opposizione. Il ricorso anticipato alle urne sarebbe la via di fuga dalle responsabilità. Le condizioni sociali, ampiamente segnate dall’emergenza sanitaria, esigono invece che un moto di responsabilità sopravanzi il rissoso immobilismo della politica. Nel Paese serpeggia un sentimento che nasconde un misto di frustrazione e insofferenza, forse anche di paura e rabbia. Pensare di trascinare in largo e in lungo il confronto sul governo non costituisce un atto di saggezza. Stavolta più che mai servirà la vellutata fermezza di Mattarella.

Nel Pd si fanno avanti i mediatori. Il ministro Guerini, senza intaccare la solidarietà con Zingaretti, invita a riprendere il dialogo con Renzi. Il suo ragionamento mantiene ancora il tono della rappresaglia, ma non disconosce l’esigenza di una soluzione armistiziale, con anche la salvaguardia di Conte. È una voce autorevole che si aggiunge ad altre voci, tutte concordi nel pronunciare parole di segno distensivo. In generale si prova a immaginare l’allargamento della maggioranza, persino con qualche fatua disinvoltura. Non è elegante e produttiva, infatti, una manovra che miri a conquistare i cosiddetti responsabili scavalcando o mortificando Italia Viva. Il percorso giusto richiede innanzi tutto l’abbandono delle pregiudiziali nel campo della vecchia maggioranza.

Certo, l’evocazione del governo di salute pubblica suscita immediatamente un sussulto di curiosità e favore proprio tenendo conto dello stato di crisi della nazione. Davvero si può fare? In verità, gli stessi proponenti si muovono con circospezione. Il rischio è che si perda ancora tempo, data la titubanza delle cosiddette forze europeiste che vivono prigioniere, secondo una lettura semplificata, del sovranismo di Salvini e Meloni. Per questo il recupero dell’alleanza giallorossa, con la premura di compiere un salto in avanti per impostare correttamente la ricostruzione del Paese, rappresenta un passaggio obbligato. Solo questo consente di tratteggiare un possibile disegno di unità nazionale. L’alternativa è consegnarsi alla vaghezza di buoni propositi per scivolare fatalmente nel baratro delle elezioni anticipate.