L’Indice di Percezione della Corruzione 2019 (CPI) pubblicato da Transparency International vede l’Italia al 51° posto nel mondo con un punteggio di 53 punti su 100, migliore di un punto rispetto all’anno precedente. L’Italia pur segnando un lieve miglioramento, rallenta la sua scalata alla classifica globale della corruzione.
“Siamo lieti di vedere un ulteriore miglioramento” ha dichiarato Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia “ma sinceramente speravamo in qualcosa di più. Il rallentamento è dovuto a diversi problemi che il nostro Paese si trascina da sempre senza riuscire a risolverli”.
In particolare, come dimostrano i recenti fatti di cronaca, da Foggia alle Madonie, da Reggio Calabria a Reggio Emilia, la criminalità organizzata ancora spadroneggia nel nostro Paese, preferendo spesso l’arma della corruzione che oggi ha assunto forme nuove, sempre più difficili da identificare e contrastare efficacemente.
Altra questione rilevante è la regolamentazione del lobbying e dei conflitti di interesse: da anni sentiamo parlare di leggi che dovrebbero finalmente porre un freno e delle regole a due questioni fondamentali nella lotta alla corruzione, ma ancora il Parlamento tace. Solo tante promesse e audizioni che ancora non si sono trasformate in atti concreti.
Non è certo un buon esempio di trasparenza la recente abolizione degli obblighi di comunicazione dei redditi e dei patrimoni dei dirigenti pubblici attuata dall’ultima legge finanziaria.
Dobbiamo menzionare per importanza anche il tema degli appalti pubblici, oggetto di attenzione di funzionari e imprenditori corrotti: un codice più efficace e un maggior coinvolgimento della società civile nelle attività di monitoraggio non potrebbero che giovare alle finanze pubbliche.
Questi sono solo alcuni dei temi che Transparency International Italia da anni cerca di portare nell’agenda politica nazionale, per far scrollare di dosso all’Italia la nomea di “paese corrotto”.
I risultati 2019
Dominano la classifica Danimarca e Nuova Zelanda come già l’anno scorso. Stesso discorso per il fondo del ranking, dove troviamo ancora Somalia e Sud Sudan.
In Europa oltre alla Danimarca fanno bella figura anche Finlandia e Svezia, mentre Bulgaria, Romania e Ungheria occupano le ultime tre posizioni della classifica continentale. A livello globale spiccano la caduta di Canada (-4 punti), Francia e Regno Unito (-3) mentre colpiscono in positivo la Spagna (+4) e la Grecia (+3). Tra i Paesi del G20 rimangono stabili Germania e Russia (rispettivamente con un voto di 80 e di 28 come nel 2018) mentre perdono due punti gli USA (69 contro i 71 precedenti).