La crisi sanitaria ed economica in atto ormai a livello mondiale esige un’attenta ed accurata analisi sul destino di questo mondo e sulle sorti dell’umanità.
Una riflessione anche al fine di individuare le cause e, dunque, i possibili rimedi per tradurli in impegno politico.
La questione non può prescindere da considerazioni di ordine politico-economico, ivi compresa l’organizzazione umana più alta della società, ossia lo Stato.
In quest’ottica tornano alla mente alcune intuizioni e tesi sostenute da Giuseppe Dossetti negli anni del suo impegno politico attivo, in quanto di straordinaria attualità.
Se si considera lo svolgimento ed il percorso che man mano hanno assunto la politica e l’economia, non solo nelle democrazie occidentali, ma anche negli ex Stati collettivisti e non democratici, occorre rilevare la rincorsa al modello di organizzazione propria dello Stato liberale.
Ora, non volendo scomodare né Montesquieu né Rousseau, bisogna riconoscere che lo Stato liberale ha sovvertito il concetto finalistico proprio dello Stato medioevale. Quest’ultimo aveva come fine quello della felicità di tutti i cittadini, ossia il bonum humanum simpliciter.
Ma evidentemente se lo Stato aveva come fine la felicità di tutti i suoi componenti, ne derivava automaticamente anche la rimozione di tutti gli ostacoli che si frapponevano al raggiungimento di tale scopo, ivi compresi quelli di ordine economico e sociale (e su questo principio occorre rilevare come l’articolo 3 della nostra Costituzione, voluto da Dossetti e da Fanfani, si ispiri proprio a quest’ultimo concetto).
Tutto questo (non è difficile intuirlo) fungeva da freno nei riguardi di quei settori privati dell’economia che per raggiungere il massimo profitto individuale avevano bisogno di essere liberi e, conseguentemente, non legati a valori etici e sociali.
Lo Stato liberale nacque proprio per dare rilevanza all’aspetto economico attraverso la libertà, il libero arbitrio in economia e, come tale, doveva essere minimo nel senso di non ostacolare il singolo imprenditore e la sua iniziativa economica.
Nella realtà politica ed economica mondiale attuale non è difficile rilevare come il liberismo sia il modello seguito da tutti (quasi non se ne possa fare a meno) e questo fa sì che assistiamo allo sfruttamento in termini economici dell’ambiente, a povertà sociali sempre crescenti, all’uso speculativo del denaro, a stili di vita consumistici che non sono degni di una persona umana.
I cattolici democratici, soprattutto oggi, dovrebbero riflettere su queste storture di ordine etico, politico ed economico per ingaggiare una nuova battaglia ideale contro questo sistema liberale.
Non si tratta di battaglie ideologiche utopistiche e fuori da quella che è la realtà di fatti e situazioni, ma di una nuova cultura politica che sappia contrapporre al privilegio dei pochi la dignità e la felicità di tutti, ossia il bene umanamente pieno di tutti i componenti la comunità statuale.
Dallo Stato liberale allo Stato sociale: è l’imperativo a cui dovrebbero rispondere i cattolici democratici uscendo da un lungo letargo non più giustificabile.