Non è un’investitura qualunque, ma un atto di forza politico: Antonio Decaro, ex sindaco di Bari ed ex presidente dell’ANCI, è ufficialmente il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Puglia. Un passaggio che, più che un’apertura democratica, suona come una resa del PD locale alle logiche di un leader che, forte di consenso personale, ha imposto tempi, condizioni e perfino avversari.
Il “metodo Decaro”: consenso personale e veti politici
La trattativa si è consumata lontano dai riflettori, in un clima di apparente distensione ma di profondo disagio interno. Michele Emiliano, governatore uscente, è stato di fatto messo ai margini. Nichi Vendola, padre politico della “Primavera pugliese”, ha dovuto rinunciare persino all’idea di influire sul percorso.
Decaro ha posto la sua condizione: “Io sì, ma solo se loro restano fuori.” E il PD, pur di evitare una guerra intestina, ha accettato di cedere il controllo del processo politico al suo ex sindaco simbolo. Un dirigente locale, in forma anonima, commenta: «Non è stato il PD a scegliere Decaro. È Decaro che ha scelto il PD.»
Una Puglia che si piega: entusiasmo di facciata, irritazione di fondo
Dalle province arrivano messaggi contrastanti. A Bari, Decaro conserva un capitale di popolarità altissimo, alimentato da anni di amministrazione visibile e narrativa civica. Ma nel resto della regione prevale la diffidenza. “È troppo barese”, sussurra più di un amministratore. Altri parlano di centralismo politico, di una sinistra che non riesce più a parlare al territorio.
Nel frattempo, la comunicazione del PD nazionale è chirurgica: toni bassi, zero conflitti, tutto sotto controllo.
Ma il controllo, in politica, raramente coincide con la convinzione.
Lobuono, la risposta del centrodestra: un civico di rottura
Mentre il centrosinistra si chiude nella logica dell’autoconservazione, il centrodestra sorprende. Dopo settimane di scontri sotterranei tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, arriva la quadra: Fabio Lobuono, 44 anni, economista, ex assessore, con esperienza nel privato e forte radicamento civico.
Una scelta che spiazza i democratici, perché rompe lo schema del candidato di apparato.
Fitto, il regista silenzioso
Dietro questa ricomposizione c’è la mano di Raffaele Fitto, eurodeputato e leader pugliese di Forza Italia, riferimento politico per Giorgia Meloni nel Mezzogiorno. Fitto ha lavorato per evitare personalismi e garantire una candidatura competitiva, solida ma non divisiva.
Un ruolo da regista più che da protagonista, che gli restituisce centralità nazionale.
Decaro vs Lobuono: due Puglie, due visioni
Da un lato, Decaro rappresenta la continuità di un modello amministrativo fondato su un sindaco “popolare ma accentratore”. Dall’altro, Lobuono propone una Puglia produttiva, meno politicizzata, più vicina a impresa e professioni.
Fitto appare come l’uomo che ha riportato razionalità nel campo del centrodestra: per battere il blocco progressista guidato da Decaro, serviva un nome capace di parlare anche al centro. Con Lobuono, Fitto rilancia la linea del buongoverno, della competenza, dell’Europa.

