Bene ha fatto “Il Domani di Italia” ad aprire un dibattito sulle scelte illiberali del Governo Orbán, benchè assunte con metodi democratici, come del resto ha fatto Erdogan. E’ il tema attualissimo delle “democrazie illiberali” aperto qualche tempo fa dalla riflessione di Luciano Violante nel suo bel libro Democrazie senza memoria (Einaudi 1918).
Il dibattito aperto nelle colonne del Domani d’Italia è prezioso perché ci costringe ad accendere i riflettori anche sulle situazioni politico istituzionali che ci toccano da vicino. Situazioni in qualche modo speculari a quelle generate dalle ‘democrazie illiberali’ di Orbán ed Erdogan, e che non trovo altro modo di definire se non “regimi liberali ma antidemocratici”. Mi avventuro a definire in questo modo quegli assetti costituzionale ed istituzionali nei quali i diritti civili e le libertà dei cittadini vengono riconosciuti e tutelati in via di principio, ma poi sono assunti con mezzi ed intenti di dubbia democraticità sostanziale e dunque e alla fine, come conseguenza naturale, non vengono tutelati.
Già Sturzo aveva ben messo a fuoco nei suoi studi dall’esilio il tema del rapporto tra liberalismo e democrazia, individuando i tre tipi di liberalismo: “Uno combattuto perché laicismo clericale, che nulla aveva di liberale; un secondo conosciuto e assorbito in quei paesi, Inghilterra e Stati Uniti, dove il processo moderno di laicizzazione non aveva prodotto una religione politica totalitaria, ma una religione nella politica come criterio fondativo e critico; un terzo rivendicato ad alta voce ed inutilmente come naturale alleato dei cristiani nella lotta contro il socialcomunismo” (G. Morra: I tre liberalismi di Sturzo, in E. Guccione (a cura), Luigi Sturzo e la Democrazia, pag. 484).
Quello di Sturzo è antecedente culturale importante per quei cattolici democratici impegnati oggi ed in tempi di crisi drammatica a tutelare e salvare il sistema Italia.
Ecco allora che inevitabilmente il pensiero corre veloce a quei gruppi politici che si ergono a tutori e difensori di tutti, ma proprio tutti i diritti civili e politici dei cittadini, magari anche in eccesso e declinati con gli epiteti colorati derivati dallo sguaiato verbo “vaffa”. Corre veloce a deputati cooptati con elezioni blindate e prive di preferenze, all’annullamento disinvolto del divieto costituzionale di vincolo di mandato, alle scelte talvolta decisive delegate in ultima istanza a piattaforme digitali in mano a società rette da fine di lucro. E l’elenco potrebbe continuare. Rimane alla fine la doverosa censura a quel parlamentarismo liberale ma certamente antidemocratico, nel quale l’aula viene ridotta a curva da stadio e la mediazione politica ed il messaggio nel quale essa si articola divenendo proposta politica, è affidato a deputati “sandwich” che si aggirano tra i nobili Banchi di Montecitorio con appeso al collo il loro bel cartellone con epiteti spesso offensivi.
Ho preso ad esempio i casi più vistosi per evidenziare come il tema che abbiamo di fronte non è solo e tanto quello della democrazia illiberale, che pure esiste, ma quello più ampio del conflitto tra democrazia e libertà. Conflitto arrivato a vertici inaspettati ed imprevisti nei nostri giorni, perché coniugare democrazia e libertà è fatica ininterrotta e continua che richiede una tensione culturale, morale e politica gravosissima. Ed è impresa che spesso non riesce.
I titoli ed i capitoli in cui descrivere idealmente questa impresa sarebbero tanti e tutti scottanti; per un costituzionalista elencarli tutti sarebbe sofferenza drammatica. Mi limito solo ad elencarne alcuni perché oggetto di discussioni ben note ed attuali: intercettazioni e trojan, incidenza e condizionamento della finanza strutturata e globale nelle scelte politiche dei singoli paesi, la inarrestabile deriva della magistratura come potere autonomo direttamente invasivo e sostitutivo della classe politica ed amministrativa, l’omologazione dei soggetti e delle persone indotta e conseguenza della digitalizzazione della complessiva società civile e della violazione sistematica dei dati sensibili. Non posso naturalmente tacere la violazione ma sistematica ed universalmente accettata del diritto alla vita del nascituro così come del diritto alla vita del malato terminale che sino a prova contraria sono diritti costituzionali assoluti.
Risparmio ai lettori la dolorosa litania rinviando quelli animati da buona volontà agli ottimi approfondimenti svolti sul tema “libertà e democrazia” dal Centro Livatino ma anche dalla Associazione dei Giuristi Cattolici. La verità è che dopo oltre cento anni la riflessione di Luigi Sturzo è attuale come non mai. La nostra generazione è chiamata a declinarla nuovamente e ad attualizzarla ancora una volta secondo le esigenze dei nostri tempi. Sono grato a quegli studiosi che si sono dedicati all’impresa e non posso non segnalare gli studi del professor Pezzimenti sull’attualità straordinaria del ‘corpus’ delle Encicliche Leonine che sono poi la base ultima della riflessione Sturziana ma anche e poi De Gasperi e Moro. (Rocco Pezzimenti, Perché è nata la Dottrina Sociale della Chiesa, Rubettino 2018). La verità è che la cultura moderna e post moderna non ha risolto e metabolizzato e dunque armonizzato dopo oltre 150 anni la critica di fondo mossa al liberalismo da padre Taparelli D’azeglio: la verità non coincide sempre con la maggioranza. E questo è il punto da dirimere e risolvere. Ma questo discorso ci porterebbe troppo lontano…