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giovedì, 4 Dicembre, 2025
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Dentro il carcere, oltre il pregiudizio

Nel saggio “Le loro prigioni. Percorsi di libertà dietro le sbarre”, il giornalista Davide Dionisi racconta la detenzione come spazio di trasformazione umana, non solo di pena: storie, testimonianze e responsabilità civile.

Il carcere come soglia

Nell’immaginario collettivo la prigione resta luogo di esclusione, punizione, annientamento. Dionisi rovescia il paradigma: le celle diventano stanze di consapevolezza, in cui il tempo non serve solo a espiare, ma a comprendere e a ricostruirsi. Non c’è improvvisa redenzione né retorica della seconda possibilità: ci sono percorsi lenti, talvolta incerti, che restituiscono alla persona la capacità di nominare sé stessa, studiare, imparare a convivere con la propria storia. È un ribaltamento che interpella lo Stato e, soprattutto, la società civile: se la pena è solo reclusione, diventa vendetta; se è anche educazione, torna a essere giustizia.

Le voci dietro le sbarre

Il valore del libro sta nelle testimonianze. Operatori, detenuti, volontari, cappellani: un microcosmo che la politica cita spesso ma ascolta raramente. Dionisi — ideatore dei programmi radiofonici “Il Vangelo dentro” e “I Cellanti” — non osserva da lontano: entra nelle carceri, registra sentimenti, paure, resistenze. C’è chi commette errori gravissimi, chi tenta di rialzarsi, chi fallisce. Eppure ciascuno conserva una dignità inviolabile. È il cuore della Costituzione: la pena deve tendere alla rieducazione, non alla demolizione morale. Non è un dettaglio giuridico, ma un imperativo umano.

Una domanda che ci riguarda

La prefazione di Antonio Tajani richiama la responsabilità collettiva: il carcere non è un recinto da dimenticare, ma uno specchio della società. Come trattiamo chi ha sbagliato rivela ciò che siamo e ciò che vogliamo diventare. La risposta non può essere delegata solo alle istituzioni: occorrono politiche, professionalità adeguate, programmi seri di reinserimento. Ma occorre anche una cultura della comprensione, capace di restituire nome e volto a chi vive “dietro”. In questo saggio, Dionisi ci invita a non voltare lo sguardo, ricordando che le prigioni più difficili da aprire sono spesso quelle interiori.