10.2 C
Roma
mercoledì, Febbraio 12, 2025
Home GiornaleDibattito | Le prospettive dei cattolici democratici e popolari dopo il voto.

Dibattito | Le prospettive dei cattolici democratici e popolari dopo il voto.

La débâcle elettorale impone una forte riflessione sul che fare. È possibile resuscitare la Dc? I dubbi sono evidenti. Forse è meglio coalizzarsi su precise tematiche per disarcionare questo bipolarismo malsano.

L’analisi di Giorgio Merlo, nel suo articolo di ieri su questo blog, mi trova pienamente d’accordo. Senza mezzi termini, egli riconosce l’inconcludenza dell’estenuante stagione che ha tentato fino all’ultimo di raggiungere, senza riuscirci, la ricomposizione dell’area cattolico democratica e popolare, affermando quanto segue: “…non possiamo non prendere atto, e forse definitivamente, che il pluralismo politico, culturale, programmatico e forse anche etico dei cattolici italiani è così profondo che non si può più invertire la rotta rispetto a questo assunto. Certo, in politica nulla è irreversibile.Ma i processi storici non si possono ignorare”.

In questo quadro si iscrive la recente umiliazione inflitta alla nuova Dc (quella di Totò Cuffaro, ndr), da un Tajani cinicamente proiettato verso la velleitaria idea di voler incarnare una credibile idea di centro, ignorando parallelamente il suo ruolo di fedele gregario di un melonismo a doppia faccia. Così che la Dc si è ritrovata con il cerino in mano dopo i tanti no (oltre a quello di Tajani, v’era stato il no di Calenda e, a nome di Stati Uniti d’Europa, della Bonino) ad un’alleanza con forze centriste per una lista congiunta che avrebbe consentito ad essa, soprattutto nella cornice di una comune partecipazione, con FI, alla grande famiglia del Ppe, di partecipare alla recente tornata elettorale europea.

La débâcle impone una forte riflessione sul che fare. L’interrogativo non è da poco perché si tratta di cogliere in tutta la reale evidenza gli aspetti più significativi di questa impasse per arrivare a definire una prospettiva di crescita del paese in un quadro di sviluppo e di assestamento democratico, mentre il nostro sistema è sempre più esposto a riscritture populiste e plebiscitarie, nonché a diseguaglianze sempre più sfacciatamente normativizzate (la recente legge sull’Autonomia differenziata ne è un clamoroso esempio).

Appare perciò importante riuscire a dare piena espressione ad un progetto politico che tenga conto dei mutamenti in atto. Questi incidono in modo altalenante su crescita e occupazione, innescando un crescendo esponenziale di nuove rivendicazioni civili, economiche e sociali, con la necessità di dare risposte adeguate. Grande fu la lezione della Democrazia cristiana che seppe trovare nei suoi leader le multiformità nelle risposte istituzionali attraverso alleanze, talora sofferte, ma che non si acconciavano mai al trasformismo del leader di turno, ma si radicavano volta per volta nella multiformità culturale dei filoni e delle correnti di pensiero che consentivano di dare identità politica e capacità di risposta ai leader di quelle aree.

In questo quadro Moro fu l’espressione più alta. Consapevole che in una democrazia bloccata era impossibile superare dei confini di schieramento internazionale che i due massimi partiti rappresentavano, capì che un serio coinvolgimento, in nome di valori di leale rispetto del quadro democratico e della centralità della persona, sia pure coniugate in modi differenti, come differenti e non convergenti ne erano le ideologie, avrebbe giovato molto al paese E ciò senza una dichiarata alleanza politica, ma con l’intento di affermare l’efficacia delle politiche industriali e del lavoro per uno sviluppo più armonico e meno conflittuale, quale poi sempre meno caratterizzò quegli anni fino a degenerare nel terrorismo, di cui Moro fu la vittima più emblematica. Quella intuizione che costò la vita al presidente Moro e lacerò le forze politiche tra fermezza e trattativa per salvare la vita al presidente della Dc, fu una lezione che dovremmo saper riprendere, pur nel mutato contesto storico e geopolitico.

Compito non facile, ma che si impone ai tanti cattolici democratici e popolari affinché siano promotori di una proposta che guardi nell’immediato ad una comune convergenza sui temi essenziali della dignità della persona, della pace e dei presupposti della convivenza dei popoli  guardando ai conflitti in atto del lavoro, della sanità – nel meridione sempre più in affanno – e  della natalità; ma poi anche e soprattutto della democrazia e dello Stato di diritto, laddove urge approntare la difesa della Carta costituzionale, specialmente nella parte in cui si condensa quel mirabile equilibrio tra i poteri presidiati da una serie di contrappesi al fine di salvaguardare il sistema da ogni debordante prevaricazione istituzionale. Una prevaricazione che invece la proposta di premierato si prefigge di introdurre, nella previsione di un forte indebolimento della centralità del parlamento e del ruolo e delle prerogative del Capo dello Stato

C’è da augurarsi che il confronto politico interno, avviato con la recente conversazione che ho avuto con il leader del partito, Totò Cuffaro, sul bilancio della nuova Dc ad un anno dalla sua segreteria e sulle immediate prospettive future, pubblicato il 17 giugno scorso (v. https://www.ilpopolo.cloud/1440-il-bilancio-della-nuova-dc-ad-un-anno-dalla-segreteria-di-toto-cuffaro.html), possa preludere a decisioni importanti, anche nella prospettiva un Congresso straordinario, affinché si ritrovi un cammino capace di invertire la rotta di questo bipolarismo sempre più estremizzato ed indigesto per più della metà degli elettori (tanto da poter affermare che ormai si governa nella forma di una indubbia tirannia della minoranza egemone) che volontariamente diserta le urne, con grave danno per una credibile rappresentanza democratica.