7.5 C
Roma
mercoledì, 10 Dicembre, 2025
Home GiornaleDifendere il presepe senza aggressività

Difendere il presepe senza aggressività

Nel segno della laicità autentica: non cancellare le radici cristiane ma riconoscere un simbolo identitario di cultura, storia e convivenza, rispettoso di tutti e ostile a nessuno

Per molti decenni non era affatto un problema. Anzi, e al contrario, era un potente e forte richiamo religioso ma anche, e soprattutto, un valore per tutti. Credenti e non credenti e persone di tutte le fedi religiose presenti nel nostro paese. E non c’era, al riguardo, alcuna polemica pretestuosa o, peggio ancora, pregiudiziale o ideologica. Un clima che, va pur detto, è stato completamente rimosso e archiviato al punto che ormai assistiamo ad una serie di comportamenti e di iniziative quasi inspiegabili se non addirittura irrazionali.

Un simbolo condiviso, ieri senza polemiche

Quando si parla di segni religiosi e, nello specifico, della presenza di un presepe. È il trionfo del cosiddetto “politicamente corretto”. Una deriva con cui, purtroppo, dobbiamo fare i conti sostenuta ed ingigantita da alcune forze politiche, da molti presidi autorevoli dell’informazione progressista e da tutti coloro che contestano una cosiddetta forzatura religiosa. Anche in Italia e anche, e soprattutto, nei confronti di tutto ciò che è anche solo vagamente riconducibile alla dottrina, alla tradizione, alla cultura e alla storia del cattolicesimo. Verrebbe quasi da dire riconducibile al ‘costume’ – se è un termine che si può ancora usare – del cattolicesimo italiano.

Laicità sì, ma non esclusione

Ora, e nel pieno rispetto del principio della laicità – da declinare, come ovvio, in tutte le sedi pubbliche – non si può, però, non prestare anche una grande attenzione al rovescio della medaglia. E cioè, che proprio attorno alla polemica, sterile e anche un po’ grottesca, sull’allestimento del presepe nei luoghi pubblici, non decolli una prassi fondata più sull’esclusione che non sull’inclusione. Ovvero, un nuovo, rinnovato e tardo anticlericalismo che fa dell’indifferenza e del nullismo la vera ragione d’essere della convivenza. E quindi qualunque segno, segnale, richiamo all’interno di una dimensione pubblica – dagli uffici alle scuole a qualsiasi altro presidio – che sia minimamente riconducibile alla religione cattolica è quasi vissuto come un’offesa, un attacco e una sistematica violazione all’identità altrui.

Il presepe come identità e non come arroganza

Ecco perché, e al netto di ogni forzatura clericale e confessionale – sempre da respingere senza alcuna attenuante – forse è arrivato il momento per dire una persin banale verità. E cioè, e ancora al di là del principio della reciprocità tra le singole fedi religiose – detto con parole semplici, quello che con la mia fede io posso fare in Italia tu non lo puoi fare nel mio paese che ha un’altra religione – va detto con chiarezza che, almeno in Italia, la presenza a Natale di un presepe non è affatto un attacco violento e sistematico ad altre correnti religiose ma, molto più semplicemente, un segno piccolo ma potente che ricorda i valori più profondi della nostra religione, della nostra tradizione millenaria e della nostra cultura. Senza forzature, senza arroganza e senza alcuna presunzione. Ma anche con la consapevolezza che non si può e non si deve rinunciare alla propria identità sacrificandola sull’altare di un maldestro ed ipocrita nuovismo.